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22 novembre 2019
16:54

Cooperazione decentrata toscana, all'istituto agronomico si tracciano le linee per il futuro

FIRENZE.  Quali le sfide della cooperazione internazionale decentrata per i prossimi anni? Se n'è parlato oggi all'Istituto agronomico d'oltremare di Firenze, ampio palazzo dall'impronta razionalista non troppo distante dal centro della città che con il suo giardino interno racconta oltre un secolo di formazione agricola non solo ai tropici, prima nelle ex colonie e poi per gli italiani emigrati in America Latina, oggi sede tecnica dell'Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo che fa capo al Ministero degli Esteri.

All'Istituto d'oltremare si è svolta infatti la Conferenza regionale della cooperazione. L'ha organizzata la giunta regionale e c'erano associazioni, dirigenti della Commissione europea, altre Regioni e rappresentanti del mondo delle imprese, perché anche il mondo profit negli ultimi anni ha fatto il suo ingresso e pure in Toscana è partito un progetto.  Pienissima l'aula magna al primo piano.   
 
Ebbene, ci si è chiesti fin dalla mattina, quali saranno le frontiere dei prossimi anni per la cooperazione internazionale? "Sicuramente il cosviluppo, ovvero il coinvolgimento delle associazioni dei migranti in Italia nella gestione dei progetti" riflette la vice presidente ed assessore alla cooperazione internazionale della Toscana Monica Barni, ma "anche il recupero di un ruolo attivo per Regioni in qualità di coordinatori dei vari soggetti territoriali". "Utilizzateci e caricateci di responsabilità" si sofferma non casualmente, a nome dei Comuni, il presidente di Anci Toscana e sindaco di Prato Matteo Biffoni. "Parlare a livello comunale di cooperazione, così come di immigrazione, è oggi impopolare, ma non farlo costituisce un arretramento culturale" gli fa eco il primo cittadino di Capannori.

"Dobbiamo capitalizzare quando di buono è stato realizzato in questi anni – riprende ancora Barni –. Ci stiamo muovendo in continuità con il passato investendo molto e creando reti, ma dobbiamo aprirci pure ed allargare il coinvolgimento nei confronti di nuovi attori, spesso portatori di nuove idee ed esperienze". Anche le imprese, ad esempio.

La Toscana lavora da tempo in particolare sull'Africa del Nord e subsahariana, ma anche in Libano, in Israele e in Palestina, sullo sviluppo economico locale, la democratizzazione e il decentramento. Qualche dato? Oltre due milioni di euro erogati nel corso di questa legislatura, 35 progetti cofinanziati alle associazioni, sette interventi strategici, quattordici micro progetti di cosviluppo. E poi altri 8 milioni di euro investiti nella cooperazione sanitaria, costanti anche quelli nel corso della  legislatura. 

La sfida, in sintesi, è quella alla fine di coniugare idealità e concretezza: serve una visione, un'impalcatura di valori, ma anche il fare. "Occorre rispondere con i fatti  e i risultati – chiosa di nuovo Barni – ad una narrazione ‘tossica' e negativa che si fa in questi ultimi tempi del mondo della cooperazione, attaccandolo".  Ed una sfida riguarda anche l'accoglienza di chi arriva. 

Cooperazione ed accoglienza, cambiare i decreti Salvini
Sfatiamo anzitutto un falso. "Non c'è alcuna invasione – ribatte l'assessore all'immigrazione della Toscana, Vittorio Bugli – La crescita degli stranieri in Toscana si è fermata già da qualche tempo  e le circa cinquemila presenze in più l'anno che si registrano sono sostanzialmente i figli dei residenti che nascono nella regione".

I numeri, quelli dell'Osservatorio a cui la Regione ha dato di recente vita, aiutano a fare chiarezza. Su tre milioni e 700 mila abitanti della Toscana, gli stranieri sono il 12 per cento: 455 mila persone, per il 90 per cento residenti e per oltre il 93 con un regolare permesso di soggiorno. Lavorano qui, pagano le tasse e versano più contributi di quanti ne riscuotano e godono di aiuti in maniera non maggiore degli italiani.  "E non sono certo arrivati sui barconi" sottolinea Bugli.  Con i richiedenti asilo che erano stati accolti nei centri toscani, diecimilacinquecento l'anno scorso, si è creato però un problema  

Tremilacinquecento almeno, dopo i decreti sicurezza Salvini, sono usciti dai Cas. I dati sono quelli del Ministero. "Meno di mille sono stati regolarizzati  - spiega Bugli – ma almeno duemilacinquecento sono stati spinti nella nube nera dell'illegalità. Sono diventati invisibili e creato maggiori insicurezza, quando invece se integrati e formati, anche quelli che subito fossero tornati nei paesi di origine, avrebbero aiutato percorsi di cosviluppo".  

L'assessore l'aveva sottolineato la mattina, prima di arrivare all'Istituto d'Oltremare per la conferenza della cooperazione, già all'iniziativa «Cittadinanza che fatica» organizzata dai sindacati al Fuligno di Firenze.  "I decreti Salvini hanno fatto solo danni, dal punto di vista dell'accoglienza ma anche della sicurezza, ed è necessario superarli e renderli inefficaci in tempi brevi" aveva detto.  "Nelle nostre campagne – ha lanciato l'allarme -  la criminalità sta usando i migranti come schiavitù a costo zero. Se invece si riescono a costruire degli strumenti che permettono ai centri per l'impiego e alle aziende agricole di trovare la manodopera di cui hanno bisogno e se riusciamo a far entrare i migranti nel circuito del lavoro, allora davvero si combatte l'illegalità  e si respinge l'attacco della criminalità". Così come, ha aggiunto poi, occorre aprire corridoi legali di ingresso controllato in Europa togliendo queste persone dalle mani degli scafisti criminali.

"Il lavoro – aveva concluso - deve essere la chiave privilegiata per l'integrazione. Ogni anno in Toscana ci  sono 30 mila posti  di lavoro per cui sono si trova offerta:  la regolarizzazione degli stranieri può essere un contributo importante per ridurre questo sbilanciamento".

Sull'accoglienza e nella gestione dei servizi alla persona per gli stranieri la Toscana ha chiesto anche più autonomia, nell'ambito del regionalismo differenziato.  "Intanto stiamo valutando in questi giorni – annuncia -  47  progetti che ci sono stati presentati da Comuni, società della Salute, Unioni di Comuni, Asl e associazioni del Terzo settore che riguardano l'integrazione lavorativa e sociale, l'insegnamento della lingua italiana, il potenziamento dei servizi, per i quali abbiamo stanziato 4 milioni di euro".

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