Salute
11 agosto 2014
9:46

Eterologa, Rossi al Corriere della Sera: "In Toscana si farà"

FIRENZE - "Il ministro Lorenzin non può dire "fermatevi" sulla fecondazione eterologa. La Corte Costituzionale ha stabilito che non si può vietarla e noi diamo attuazione alla sentenza". Il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, ribadisce che non cederà allo stop deciso dal governo in un'intervista pubblicata oggi sul Corriere della Sera. Di seguito il testo integrale dell'articolo firmato da Virginia Piccolillo.
 
Rossi e l'eterologa: in Toscana si farà  
II governatore contro la linea di Lorenzin
 
ROMA - «Il ministro Lorenzin non può dire "fermatevi" sulla fecondazione eterologa. La Corte costituzionale ha stabilito che è vietato vietarla. Se si vuole trasferire tutto sul piano etico lo si faccia: anche se, vien da dire, l'eterologa esiste in natura... Noi ci adegueremo, ma intanto diamo attuazione alla sentenza».
 
Il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, non ci pensa proprio al dietrofront. Con la sua delibera ad hoc in Toscana è, e resta possibile, avvalersi della fecondazione eterologa con il contributo pubblico, pagando solo un ticket di 500 euro. E alla minaccia del ministro di inviare i Nas sorride: «Ben vengano. Ci stiamo preparando ad accoglierl».
 
Dunque non obbedirà allo stop?
«Non c'è alcuna volontà polemica. Ma qui tutti parlano e nessuno rilegge la sentenza. La Corte le dice chiare e pesanti. E il presidente Tesauro ha confermato questa interpretazione».
 
A cosa si riferisce?
«Dice che la scelta dei genitori di avere figli è "espressione fondamentale e generale di libertà e autodeterminazione. Riguarda la sfera intima e intangibile della persona umana e quindi è incoercibile". E parla anche dell'ingiustizia».
 
Ingiustizia?
«Certo, dice che "non vengono trattate nello stesso modo persone affette dalla stessa patologia". Non dimentichiamolo mai: l'infertilità è una patologia che implica disagio, sofferenza. Ma lo sa quanti sono i viaggi all'estero per l'eterologa?».
 
Ha dati aggiornati?
«Secondo la società europea della riproduzione assistita quattromila italiani all'anno ricorrono a centri esteri spendendo dai 2.500-3.000 euro in Ucraina, ai 7-8 mila in Spagna. E sono 9.000 le coppie infertili che vorrebbero un figlio».
 
Lorenzin dice che lo stop servirà a garantire loro la sicurezza.
«Ma lei non può dare uno stop. Come ministro starei attento a formulare auspici contrari al dettato della Corte secondo la quale non c'è alcun vuoto normativo. In ogni caso la nostra delibera serve a questo. Sono linee guida che abbiamo fatto proprio per evitare il caos. Speravamo servissero da stimolo».
 
Hanno avuto l'effetto opposto?
«Indipendentemente da noi. Il punto è che ora si trasla tutto sul piano etico».
 
Lo sconsiglia?
«Sì, perché si andrà alle "calende greche" e si rischia di non risolvere nulla. Ad auspicarlo sono gli stessi che hanno voluto la legge 40, che era così ideologizzata da farci fare una pessima figura: la Corte europea l'ha bocciata due volte e la Consulta altre due. Ormai faccio fatica a spiegare queste cose alla gente. Gli anziani sorridono. Le donne, in genere, si innervosiscono».
 
La sorprende che lo stop venga dal governo Renzi ?
«Non lo so. Possono esserci diverse sensibilità».
 
Al premier, suo leader nel Pd, cosa direbbe?
«Si faccia una soglia minima di provvedimenti per dare attuazione all'eterologa. E poi, se si vuole affrontare i temi etici, si investa il Parlamento. Anche con i cattolici serve un dialogo forte: non credevo di trovare questa ostilità quando ho deciso che la fertilità dovesse essere accessibile a tutti. Sono temi che non vanno trattati con leggerezza. E non esiste un diritto illimitato. Ma un'opinione non può prevaricare le altre. E le relazioni sono più complicate della genetica».
 
E i rischi di donatori malati o di selezione eugenetica?
«Sono casi limite. Errori ci possono essere ovunque. Abbiamo visto il caso dei gemellini frutto di una fecondazione eterologa non voluta. Ma a questo servono le linee guida. Noi abbiamo anche fissato un tetto alle donazioni, non più di 6. E le altre regole le abbiamo scritte, insieme ad esperti e sentendo il ministero della Salute».
 
L'accusano di «federalismo fai da te».
«Io sono per lo Stato. Lo Stato dia le regole. E noi saremo i primi ad adeguarci. Intanto però andremo avanti».
 
Virginia Piccolillo