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30 novembre 2018
14:23

Festa della Toscana, Rossi: "Non deve finire mai la battaglia per i diritti"

FIRENZE - "La battaglia per i diritti non finisce mai, c' sempre il rischio di tornare indietro. Questo uno dei motivi per cui oggi siamo qui a celebrare la festa della Toscana". Nel suo intervento alla seduta solenne del Consiglio regionale al teatro della Compagnia, il presidente della Regione Enrico Rossi ha subito voluto legare il senso della rievocazione storica alle urgenze della realt odierna. E lo ha fatto anche dando risposta alle parole dei rappresentanti dell'associazione di diversamente abili Vita indipendente', presenti in teatro.

"Sono solidale con la vostra battaglia ha detto per il pieno diritto ad organizzare la vostra vita. C' un vuoto su questo tema di grande rilevanza sociale, un vuoto a livello nazionale e anche europeo. Ricordo due cifre ha sottolineato- : la Toscana destina 9 milioni a sostenere i progetti di vita indipendente, il governo 15 per tutta Italia, sono cose che i cittadini devono sapere. Noi andremo vanti con le nostre scelte e le nostre risorse, ma mi aspetto che qualcuno in Parlamento si alzi per dire che quei 15 milioni devono diventare 150".

Il presidente ha proseguito il suo intervento rivendicando il valore che questa giornata, istituita dal 2001, che ricorda l'abolizione da parte del granduca Pietro Leopoldo di Asburgo-Lorena della pena di morte in Toscana nel 1786, per la prima volta nel mondo. "E' importante leggere l'articolo 51 del codice penale leopoldino e riflettere sulle parole che vi si trovano: si parla di correzione del reo figlio anch'esso della societ e dello stato' e per spiegare la scelta di abolire la pena capitale si invoca la maggiore dolcezza e docilit di costumi, specialmente nel popolo toscano'. Responsabilit dello Stato, quindi, dolcezza e docilit : non sono un richiamo forte alla politica e ai linguaggi pubblici di oggi? Siamo orgogliosi di quelle parole, di quell'idea di una giusta proporzionalit della pena, di un'idea di giustizia secondo principi di razionalit e umanit : lo Stato che deve garantire la sicurezza dei cittadini ed lo Stato che deve avere il monopolio dell'uso legale della forza".

Il ragionamento del presidente Rossi proseguito mettendo in luce i tratti dell'azione di governo lorenese che hanno segnato l'immagine e lo spirito pubblico della Toscana, sull'onda lunga che nasce dall'Umanesimo e dal Rinascimento. "L'opera di Pietro Leopoldo fu ispirata a una visione di policentrismo e pluralit , in contrasto con l'asimmetria tra Firenze e le altre citt toscane coltivata precedentemente dai Medici. Fu un'azione che si nutr anche delle riflessioni del Machiavelli sulla necessit di domare la fortuna'. In questa tradizione, insomma, si ritrova il filo rosso del riformismo toscano, realista ma anche ambizioso. Un riformismo che si avvalse del contributo di tanti intellettuali di respiro europeo, da Giulio Rucellai a Pompeo Neri, da Francesco Maria Gianni ad Angelo Tavanti."

"Il riformismo lorenese ha proseguito - fu la manifestazione concreta di una politica che sapeva ascoltare, si pensi alle deputazioni', commissioni speciali di esperti che dovevano preparare e presentare memorie, e poi decidere e realizzare: ricordo le grandi opere pubbliche, le bonifiche, il riassetto idrogeologico, le grandi infrastrutture portuali e ferroviarie, con Leopoldo II, che modernizzarono la Toscana creando lavoro e combattendo la fame".

"Nel complesso ha sintetizzato Rossi la Toscana dei Lorena ci consegna un'eredit ricca e importante. a questo modello che in primo luogo mi piace pensare riflettendo sull'identit della Toscana. Una tradizione di buon governo, che fa proprie le migliori idee proprie della stagione umanistica e di quella illuministica. Il senso profondo di un'identit che convive con la pluralit e la diversit , che si arricchisce degli influssi e degli apporti esterni. Una radicata e profonda idea di umanit , di giustizia, di razionalit nel governo delle cose umane. Un realismo che, consapevole della debolezza e della fragilit della condizione umana e della mutevolezza della fortuna, non rinuncia a lottare per un mondo pi equo e umano. qui ha concluso - che dobbiamo ritrovare le radici autentiche della nostra storia".