Cultura
22 gennaio 2018
13:30

Giorno della Memoria, la ninna nanna per i bambini di Terezin rivivrà al Mandela di Firenze

FIRENZE - Wiegenlied, ovvero una ninna nanna: una delle tante – forse l'ultima - scritta e composta da Ilse Weber, la poetessa ebrea che ad Auschwitz  si fece deportare volontariamente  assieme ai bambini di Terezin di cui si era presa cura e lì fu uccisa assieme a suo nipote nelle camere a gas.  

Salvate dall'oblio grazie al marito che sotterrò fogli e spartiti sotto una baracca di quel campo poco distante da Praga che da ‘ghetto modello' ha accolto  dal 1941 al 1945 artisti, attori, musicisti ma soprattutto tanti bambini ebrei, le parole e musiche  di Ilse Weber rivivranno quest'anno al Mandela Forum di Firenze, che dal 2006, negli anni pari, ospita quasi ottomila studenti delle scuole superiori di tutta la Toscana per parlare degli stermini e deportazioni del regime nazista: non solo quelli degli ebrei ma anche dei rom e sinti, degli oppositori politici, degli internati militati e di chiunque altro fosse allora considerato ‘diverso' e non omologabile alla società che Hitler e i suoi seguaci volevano costruire. Accade in occasione del Giorno della Memoria che ricorre il 27 gennaio, ma quest'anno il meeting sarà anticipato di un giorno.

Per chi non conosce il ghetto di Terezin, la prima cosa da sapere è che fu a lungo utilizzato dai nazisti a scopo propagandistico. Era uno sorta di ‘specchio per le allodole' da usare nel caso di ispezioni della Croce Rossa e un set per produzioni cinematografiche. Doveva mostrare al mondo la benevolenza di Hitler e quando gli ispettori davvero arrivarono i nazisti pensarono bene di sfruttare le capacità artistiche ed espressive dei bambini che vi erano reclusi, a cui fu chiesto di illustrare le "meraviglie" della città. I visitatori furono fatti assistere ad una rappresentazione di "Brundibar". Ma era solo una macabra finzione: 7.500 persone, tra cui centinaia di bambini, erano state deportate ad Auschwitz alla vigilia della visita proprio per far sembrare il luogo meno sovraffollato, altri ci finirono dopo. La logica era la stessa  che portò alla realizzazione a Birkenau in Polonia di uno spicchio di campo ad uso e consumo degli ispettori internazionali o di un settore destinato a Rom e Sinti, smantellati un giorno dalla notte alla mattina e senza preavviso. Erano crudeli finzioni come i treni di prima classe che portavano a Treblinka, sessanta chilometri da Varsavia, con passeggeri convinti di raggiungere un paese neutrale e perfino una finta stazione e false destinazioni in testa ai binari, che non arrivavano invece in alcun luogo.  E dietro la stazione c'erano le camere a gas, capaci di inghiottire fino a diecimila persone al giorno.

Eppure nell'inferno dei campi, col fumo di morte che usciva dai camini, una ninna nanna o una poesia erano di conforto, come le fiabe raccontate ogni giorno ai bambini compagni di stanza nel  lager di Ravensbruck  dalla piccola Kitty Braun. E tutti ad ascoltarla, anche chi non capiva l'italiano.

La musica con gli strumenti originali
La ninna nanna per l'ultima notte a Terezin sarà suonata al Mandela di Firenze il 26 gennaio dal toscano Enrico Fink, quarantotto anni, tra i principali interpreti della tradizione ebraica italiana, e dalla sua orchestra multietnica. Il bisnonno era arrivato ai primi anni del '900 in Italia dalla Russia, in fuga dai progrom zaristi. Si fermò a Ferrara, dove diventò cantore durante i riti, prima di finire cancellato dalla furia nazifascista con gran parte della sua famiglia. Enrico è nato invece a Firenze.

Per raccontare uno dei tanti aneddoti della storia della deportazione nei lager e suonare la ninna nanna di Ilse ttilizzeranno strumenti originali dell'epoca, costruiti da artigiani proprio di Terezin: con violini e ottavini chiamati a cinguettare con flauti e oboi, clarinetti pronti a ricamare su un tappeto di mandolini, trombe, tamburi e basso tuba. Ma sarà solo uno dei momenti di un'intensa mattinata, che con le voci di storici, testimoni e sopravvissuti prenderà le mosse dalle leggi  razziste nelle colonie fasciste del 1937, antefatto importante  anche per capire quello che successe dopo, con le leggi antisemite del 1938 siglate il 5 settembre dal re proprio in Toscana, nella tenuta di San Rossore.