15 gennaio 2015
5:00

I testimoni del 2015

FIRENZE Dalle baracche non emana il tanfo e l'odore di morte di quei giorni. Non ci sono i latrati dei cani, il tonfo sordo delle percosse gratuite, le raffiche ogni tanto di qualche mitra e le urla, il freddo allora ancora pi intenso e le cataste di morti. Ma vedere aiuta, anche se non sar come provare e sapere cosa accaduto davvero nei campi di sterminio. Vedere quello che umanamente sembra impossibile che siano accaduto aiuto. E vedere e ascoltare da chi nei campi c' stato e lo sterminio e le crudelt del regime nazista l'ha patito sulla propria pelle aiuta ancora di pi .

Il treno della memoria viaggio e testimonianza: questo il filo rosso di quattordici anni, dal 2002. Nel 2005 gli studenti toscani che salirono sul Treno della memoria assistettero al racconto di Shlomo Venezia, sopravvissuto dopo esser stato parte del Sonderdkommando (unit speciale impiegata nella gestione della camera a gas e dei forni crematori) di Auschwitz-Birkenau. Un'esperienza che ti cambia. Hanno ascoltato le sorelle Bucci, sorelline dai capelli bianchi sopravvisute anche loro ad Auschwitz. Si sono trovati davanti chi stato deportato non perch ebreo, rom o omosessuali ma perch aveva scelto di lottare da partigiano contro nazismo e fascismo o che da soldato, dopo l'8 settembre, rifiut di giurare e schierarsi con i repubblichi di Sal .

In tutte le edizioni alle spalle non sono mai mancati testimoni diretti dello sterminio nazista. E cos sar anche quest'anno. Ci saranno ancora le sorelle Andra e Tatiana Bucci, le uniche bambine italiane sopravvissute dopo esser state deportate ad Auschwitz ed essere state scelte dal dottor Mengele come cavie per i propri esperimenti. Fisicamente sul treno nel solo viaggio di ritorno perch gi in Polonia con un'altra delegazione, per loro la settima volta con i toscani (ed altre volte con altre regioni) e sono un po' diventate le testimonial dell'iniziative: sette edizioni su nove. Dopo la guerra, sono tornate la prima volta ad Auschwitz e Birkenau negli anni Novanta. Ma mai avevano avuto il coraggio di entrare nel Museo di Auschwitz: quello con i cappeli, le scarpe, i vestiti, le bambole e tanti altri oggetti personali strappati a chi era destinato alle camere a gas. Era troppo doloroso entrarvi, hanno confessato. L'hanno fatto quattro anni fa, assieme proprio ai ragazzi toscani.

Con le sorelle Bucci torna anche Marcello Martini, giovane staffetta partigiana della Resistenza toscana a Prato, deportato all'et di quattordici anni a Mathausen. Arriver in aereo a Cracovia, dove incontrer i ragazzi assieme a Vera Vigevani Jarach, il nonno morto ad Auschwitz e la figlia diciottenne vittima nel 1976 dei voli della morte del regime argentino, due storie e due tragedie in una sola vita. Con loro ci sar anche Vera Michelin Salomon, deportata politica, ventenne quando nel 1943 scelse di partecipare alla resistenza non armata a Roma, lei che proveniva da una famiglia piemontese protestante di ufficiali dell'esercito della salvezza. Vera gi stata con i ragazzi toscana una volta, nel 2005. "L'ultima volta racconta in cui sono stata ad Auschwitz". Ci torna dopo dieci anni. Il fiorentino Antonio Ceseri sar presente invece con una testimonianza video. Lui fu uno dei 600 mila militari italiani internati all'indomani dell'armistizio dell'8 settembre 1943, rappresentante di quella che Alessandro Natta ha definito "l'altra Resistenza, sopravvissuto alla strage dei soldati italiani a Treunebrietzen in Germania". Non saranno sul treno: arriveranno in aereo ma parleranno con i ragazzi toscani. Come due anni fa. Quattro testimoni diversi due ebree, un partigiano e un soldato che disse "no" alla Repubblica di Sal della ferocia di quegli anni di guerra.

LE BIOGRAFIE

Andra e Tatiana Bucci, due bambini ebree ad Auschwitz

Le due sorelle sono figlie di Giovanni Bucci, fiumano cattolico, e di Mira, madre ebree la cui famiglia, originaria della Bielorussia,, si era trasferita a Fiume per mettersi in salvo dai pogrom zaristi dei primi del Novecento. Nel marzo del 1944 , Andra e Tatiana, che allora avevano 4 e 6 anni, furono deportate ad Auschwitz insieme al cugino Sergio De Simone di 6 anni, dopo due giorni passati alla Risiera di San Saba, lager triestino. Furono scambiate per gemelle e questa fu la loro salvezza in un campo, come quello di Auschwitz, dove su oltre 200 mila bambini deportati poco meno di cinquanta sono sopravvissuti. Il fatto di essere gemelle le fece infatti diventare interessanti per gli studi del dottor Mengele. Vengono liberate il 27 gennaio 1945, il giorno della liberazione del campo di Auschwitz. Il cuginetto Sergio, invece, prelevato dal lager insieme ad altri bambini su autorizzazione di Himmler, viene usato come cavia in orribili esperimenti e poi assassinato nei sotterranei di una scuola di Amburgo. Dopo la liberazione, Andrea e Tatiana, che assai presto avevano perso contatti con la mamma nel periodo della permanenza al campo, furono condotte in un orfanotrofio vicino a Praga, dove restarono fino al marzo 1946. Di seguito, fino a dicembre, furono ospiti di un orfanotrofio inglese, il Weir Courrteney Hostel a Lingfield nel Surrey. Solo grazie ai numeri tatuati, tenuti a mente con amorevole disperazione dalla madre, i genitori e la famiglia riuscirono dopo oltre due anni a rintracciarle, aiutate dal Comitato per i rifugiati ebrei di Londra e dalla Croce Rossa Internazionale. Tatiana e Andra hanno partecipato ai viaggi del Treno della Memoria nel 2004 a Majdanek-Varsavia e nel 2005, 2007, 2009, 2011 e 2013 ad Auschwitz , trasmettendo ai giovani il ricordo del loro sguardo di bambine nell'inferno di Auschwitz.

Marcello Martini, staffetta partigiana

E' figlio del maggiore Mario Martini, comandante militare del Comitato di Liberazione Nazionale della zona di Prato. Nel 1944 aveva solo quattordici anni ma compiva importanti e pericolose azioni come staffetta partigiana: apparteneva al gruppo Radio Cora con mansioni di informatore. Tutta la sua famiglia era attiva nella Resistenza e il 9 giugno, dopo che il gruppo di Radio Cora fu scoperto e arrestato a Firenze, anche la casa di Montemurlo della famiglia Martini fu circondata dalle SS e tutti i suoi componenti (eccetto il figlio Piero, non presente in quel momento) babbo, mamma, i fratelli Anna e Marcello, catturati. Solo il maggiore Martini riusc a fuggire. La signora con i due figli fu condotta a Firenze, a Villa Triste, la sede dei terribili interrogatori e delle torture perpetrate dalla famigerata "banda" del fascista repubblichino Mario Carit . Madre e figlia furono rinchiuse nel carcere femminile di Santa Verdiana e successivamente liberate con un audace colpo di mano dei partigiani. Marcello invece fu portato alla prigione delle Murat e, poi, nonostante la giovanissima et , trasferito al campo di transito di Fossoli vicino a Carpi e quindi, con il trasporto del 21 giugno 1944 a Mauthausen. Fu destinato al sottocampo di Wiener Neustadt e assegnato ai Cantieri della Rax Werke per lavorare come "chiodatore" nella costruzione dei battelli fluviali. Dopo essersi gravemente ferito al piede e aver contratto seri dolori reumatici fu trasferito nel campo di M dling, vicino a Vienna. I circa 1200 deportati di quel campo, tra cui anche Marcello, il 1 aprile 1945 furono incolonnati per il ritorno al "campo madre" di Mathausen. Dovettero subire lo strazio di una marcia estenuante che dur 6 giorni e solo due terzi arrivarono vivi a Mauthausen. Molti altri di quel gruppo morirono anche dopo per fame e per stenti oppure furono uccisi nelle camere a gas perch non pi in grado di lavorare. Marcello fortunatamente riusc a sopravvivere e dopo la liberazione rientr in Italia dovendo affrontare, a soli quindici anni, lunghe cure di riabilitazione. Si poi trasferito in Piemonte dove ha lavorato come dirigente di azienda e dove risiede tuttora.

Antonio Ceseri, soldato internato

E' nato a Firenze l'8 Gennaio 1924 da una famiglia con tradizioni antifasciste. Nel 1942 rispose alla chiamata alle armi nella Marina Militare. Fu di stanza prima a Pola e poi all'Arsenale di Venezia, dove fu sorpreso dalla notizia dell'armistizio l'8 settembre 1943. Il 9 settembre fu arrestato dai soldati tedeschi che occuparono l'Arsenale e incarcerato nella caserma di Mestre. Due giorni dopo, l'11 settembre, fu portato alla stazione della citt e, stipato con i suoi compagni di reggimento in carri bestiame, trasportato al campo di lavoro di Hannover, dove arriv dopo cinque giorni di viaggio. Durante il primo periodo di detenzione, Ceseri e gli altri internati militari non subirono particolari maltrattamenti e poterono contare anche su una regolare distribuzione del rancio. La situazione dei prigionieri mut rapidamente verso la fine del settembre 1943, dopo che fu proposto loro di lasciare il campo in cambio dell'arruolamento nella Repubblica Sociale Italiana o nelle file dell'esercito nazista. Ceseri, cos come altre migliaia di uomini nelle sue stesse condizioni, non accett l'offerta e fu trasportato in un campo nei pressi di Treuenbrietzen, a circa settanta chilometri da Berlino. Il campo era circondato da filo spinato e i prigionieri erano sorvegliati costantemente: in un primo momento da militari della Wehrmacht, successivamente dalle SS. In questo campo la vita dei reclusi peggior notevolmente, sia a causa del poco cibo distribuito che del duro lavoro da svolgere in massacranti turni di dodici ore consecutive (una settimana di giorno, una di notte). Gli internati, inoltre, dovettero subire continue angherie perpetrate dai capisquadra civili addetti al controllo del loro lavoro, che divennero meno aggressivi soltanto con l'avvicinarsi della fine della guerra. La vita dei prigionieri non sub particolari cambiamenti fino al 21 Aprile 1945, giorno in cui il campo venne liberato dalle truppe sovietiche che avanzavano da est. In poco tempo, per , i nazisti riuscirono a riprendere il controllo della zona e tornarono immediatamente al campo, costringendo i detenuti ad abbandonarlo e a incolonnarsi verso una cava di sabbia poco distante. Quando la colonna arriv all'altezza di un ponte ferroviario i nazisti salirono sui lati della strada, che era costeggiata da un terrapieno, e cominciarono a sparare dall'alto verso il basso, allo scopo di uccidere tutti i prigionieri. Quel giorno morirono 127 internati militari italiani. Riuscirono a scampare all'eccidio, riparandosi sotto i corpi trucidati dei compagni e completamente ricoperti di terra, soltanto quattro uomini. Tra di loro c'era anche Antonio Ceseri. Nei mesi successivi Ceseri e gli altri pochi superstiti del massacro di Treuenbrietzen procedettero all'identificazione dei caduti, svolgendo un formidabile lavoro per ricostruire una delle pagine pi tristi della storia dei militari italiani internati nei lager tedeschi.

Vera Michelin Salomon

Piemontese e figlia di pastori protestanti dell'Esercito della Salvezza, bibliotecaria, Vera nasce a Carema, in provincia di Torino, il 4 novembre 1923. A diciotto anni, in cerca di autonomia e con la voglia di ampliare i propri orizzonti culturali, sceglie di trasferirsi a Roma. E' il 1941. Lavora come segretaria economa in una scuola professionale e inizia a frequentare assieme all'amica e cugina Enrica Filippini-Lera, deportata assieme a lei, circoli e ambienti antifascisti. Dopo l'8 settembre 1943 la scelta dunque pressoch fatta e Vera, assieme ad Enrica i 'fratelli maggiori', partecipa alla resistenza non armata: in particolare nel Comitato studentesco di agitazione il cui compito era distribuire materiale di propaganda antifascista davanti alle scuole superiori e all'universit per impedire lo svolgimento regolare delle lezioni e degli esami accessibili solo ai giovani in grado di presentare l'autorizzazione del costituendo esercito della Repubblica di Sal . Enrica e Vera aderiscono anche alla cellula del Partito comunista di piazza Vittorio. Il 14 febbraio 1944 un commando di SS si presenta in via Buonarroti e arresta tutti i presenti: Paolo Buffa, Paolo Petrucci, Cornelio Michelin-Salomon e le due ragazze, quando arrivano nella casa gi presidiata. Tutto il gruppo trasferito in Via Tasso. Soltanto Vera rimane nella cella femminile per gli interrogatori. Raggiunger gli altri a Regina Coeli. Il 22 marzo si svolge il processo al gruppo, davanti al Tribunale militare Tedesco: tutti assolti i ragazzi; condannate a tre anni di carcere duro, da scontarsi in Germania, Vera e Enrica. Tornano comunque tutti a Regina Coeli, dove sono testimoni della selezione per la strage delle Fosse Ardeatine: Paolo Petrucci ne rimane vittima, nonostante l'assoluzione ottenuta. Il 24 di aprile Vera e Enrica sono avviate verso la Germania, prima in camion e poi in carro bestiame. Dopo notti e giorni di grande disagio arrivano a Monaco di Baviera dove, dopo una sosta di una notte e un giorno nel campo di Dachau, sono trasferite nella prigione di Stadelheim (Monaco). Trascorso un mese, vengono spostate al Frauen Zuchthaus di Aichach (Alta Baviera), il penitenziario duro femminile dove saranno liberate dalle truppe americane il 29 aprile1945. Arrivano a Milano il 2 giugno. Nel 2009 Vera stata elette presidente dell'Aned romana, l'associazione degli ex deportati.

Vera Vigevani Jarach

Vera ha due storie, tremende: il nonno deportato che morto ad Auschwitz, la figlia Franca desaparecida nel 1976 in Argentina e vittima, a diciotto anni, dei voli della morte della dittatura militare. Due storie tremende in una sola vita, che testimoniano come il male sia davvero banale, intimamente connesso al genere umano e possa ripetersi pi volte purtroppo nelle sue aberrazioni, magari in forme diverse. La storia di Vera stata raccontata l'anno scorso, nel 2014, in un docuweb in sette puntate realizzato da Marco Bechis e il Corriere.it. Vera Vigevani nata a Milano nel 1928. Undici anni pi tardi, dopo aver patito gli effetti delle prime leggi razziali, la sua famiglia scelse di emigrare in Argentina. Era il 1939. In Italia rimase solo il nonno, sessantonovenne antiquario, che prov poi a fuggire in Svizzera alla fine del 1943 ma fu tradito. In Argentina Vera si sposata ed stata, fino alla pensione, giornalista all'Ansa di Buenos Aires. Sua figlia Franca scomparve a diciotto anni il 26 giugno 1976 e di lei non si seppe pi nulla fino a poco tempo fa, quando una donna che era sopravvisuta al campo di concentramento dell'Esma, la scuola militare trasformata in un lager, le ha raccontato tutto. Da allora Vera Vigevani appartiene al movimento delle Madres de Plaza de Mayo ed diventata una "militante della memoria".