Economia
Infrastrutture e mobilità
Lavoro
24 aprile 2014
9:39

Il presidente all'Unità: "I lavoratori di Piombino sono la vera classe dirigente"

Massimo Franchi intervista Enrico Rossi sull'Unità di oggi. In primo piano la crisi della Lucchini di Piombino
 
«Sono due anni e mezzo che aspettavo questo momento, che come Regione parliamo di riconversione ecologica dell'acciaieria con tecnologie all'avanguardia. Diamo una prospettiva ad un intero territorio e vogliamo che tutti i lavoratori siano coinvolti nella bonifica con un grande contratto di solidarietà. Ma se siamo arrivati a firmare questo Protocollo lo dobbiamo a loro che in questa vicenda sono stati la vera classe dirigente. E non certo a un bel pezzo del capitalismo italiano: se gli avessimo dato retta a quest'ora a Piombino l'area a caldo sarebbe un capitolo chiuso». Il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi ha appena chiuso la sua 24 ore di trattativa romana. Dal pomeriggio di martedì è rimasto chiuso al ministero dello Sviluppo a battersi e limare il testo dell'Accordo di programma per Piombino assieme al viceministro Claudio De Vincenti. «Mancano ancora i 70 milioni del ministro Lupi, ma domani (oggi pomeriggio, dopo aver incontrato i lavoratori questa mattina, ndr) firmiamo».
 
Presidente Rossi, alla fine ha avuto ragione lei. Ha chiesto l'intervento di palazzo Chigi e Matteo Renzi l'ha accontentata. Ma non eravate in cattivi rapporti?
«La cosa che mi ha fatto più piacere è che Renzi abbia detto che su Piombino si fida di me. Ho chiesto il suo intervento per chiudere in fretta».
 
Ora Piombino ha una speranza concreta per un futuro di lavoro.
«Per la città oggi è un giorno drammatico. Lo spegnimento dell'altoforno è la morte per migliaia di famiglie. Per questo ho lottato per far arrivare nella stessa giornata una notizia di segno opposto: le istituzioni si sono messe assieme e hanno dato un segnale di nuovo inizio».
 
Sono state settimane convulse in città. La bufala Khaled, gli operai che minacciavano di non votare alle Europee...
«Sì, Khaled era un bluff. Ma è stato comprensibile che i lavoratori - che in questa vicenda sono stati la vera classe dirigente e che io ho solo ascoltato - l'abbiano voluto andare a vedere. Era l'unico che assicurava la sopravvivenza dell'altoforno che per gli operai significava la salvezza».
 
Ora partono i lavori di bonifica. Realisticamente quanto dureranno. Tre anni e mezzo sono una stima troppo ottimistica?
«Direi una stima realistica. Ma noi partiremo subito e già da settembre gli interventi sul porto ci consentiranno di avere una profondità di 20 metri e di ospitare il refitting delle navi».
 
Tardi però per ospitare la Costa Concordia in partenza dal vicino Giglio...
«Sei tempi della movimentazione della Concordia slittassero, Piombino potrebbe benissimo essere in grado di accoglierla». 
 
Torniamo alla riconversione. A fine maggio si saprà quale gruppo subentrerà alla Lucchini. Avete delle preferenze? 
«Chiunque sia dal primo giugno stileremo con lui un cronoprogramma per la bonifica e la riconversione».
 
Si parla insistentemente del gruppo indiano Jsw e della sua volontà di investire su un forno elettrico Corex che permetterebbe di riassorbire quasi tutti i lavoratori dell'altoforno.
«Sì, questo gruppo indiano sembra interessato a sviluppare anche a Piombino questa tecnologia, che è il futuro verde dell'acciaio. Gli incentivi per utilizzare questa tecnologia sono contenuti nel Protocollo. Ci sono tutte le condizioni perché Piombino abbia di nuovo un'area a caldo. E mi lasci sfogare: se avessimo dato retta ad un bel pezzo del capitalismo italiano (il riferimento è alla cordata tricolore Arvedi-Marcegaglia, ndr), spalleggiato da un altro bel pezzo di gruppi editoriali, Piombino avrebbe già dato l'addio all'area a caldo e a migliaia di posti di lavoro».
 
Gli indiani li ha già incontrati?
«No, ma sono pronto a farlo appena possibile. Dobbiamo metterci al lavoro in fretta, la variabile tempo è decisiva».
 
Lei poi ha lanciato una proposta per la gestione della bonifica.
«Sì, ho proposto un grande contratto di solidarietà che permetta a tutti i lavoratori della Lucchini, delle aziende dell'indotto ed esterne di fare parte del processo di bonifica e riconversione. In più lo Stato risparmierebbe i soldi della cassa integrazione in deroga che invece servirebbero se la bonifica non riguardasse le aziende piccole dell'indotto ed esterne. Il piano io l'ho solo riproposto. Sono stati i lavoratori ad elaborarlo: vogliono lavorare alle bonifiche ambientali e vigilare che le nuove tecnologie vengano effettivamente installate. Speriamo di lavorarci anche qui al più presto».
 
Cos'ha imparato da tutta questa vicenda?
«Ho imparato dai lavoratori. Sono stati loro a portare perfino Papa Francesco dalla loro parte. Dopo anni di subordinazione culturale, la sinistra deve ripartire da lì: dalla centralità del lavoro e dall'idea della classe operaia come classe dirigente del Paese, in grado di mettere al centro gli interessi nazionali e una nuova idea di sviluppo. Piombino è una sfida e può essere un nuovo inizio».