Economia
21 ottobre 2016
20:20

La crisi e la Toscana, l'Italia e l'Europa nei numeri dell'Irpet

FIRENZE Incertezza e paura del futuro fanno s che consumatori e imprenditori non investano, anche quando i soldi magari ci sono. Di sicuro non lo fanno come facevano prima del 2008. Keynes le chiamava "trappole della liquidit ". Accade in Italia ed accade in Toscana, anche se quest'ultima abbia retto meglio il colpo. Ma forse, spiega l'Irpet, se si consuma e si investe di meno non dipende solo dalla crisi che c' stata, la pi pesante del Novecento. Secondo il direttore dell'istituto di programmazione della Toscana, Stefano Casini Benvenuti, la contrazione di consumi e investimenti figlia di pi concause ed alcune arrivano da molto lontano. C'entra la stagnazione che fin dai primi anni duemila ha visto divaricarsi la curva della produttivit tra Ue e Germania da un lato, in ascesa, e l'Italia dall'altro. Ha a che fare magari con la demografia, perch una popolazione che invecchia tende a consumare di meno; anche la tecnologia potrebbe avere la sua parte. E poi c' la concentrazione di maggiori risorse nelle mani di pochi (e i 'ricchi', si sa, accumulano di pi ma consumano di meno).

Benvenuti lo ha spiegato (qui le slides) nel corso di un'iniziativa dell'Unicoop Firenze, al teatro della Pergola del capoluogo toscano, sottolineando come alla crisi peggio dell'Italia hanno reagito solo Grecia e Croazia in termini di caduta del Pil: numeri pesanti, che ih Italia raccontano un calo degli investimenti di oltre il 30 per cento, pari  a 570 miliardi se si congelasse il dato 2008 ma addirittura 1000 miliardi se alla curva si applicasse il precedente trend storico. Minori investimenti, naturalmente, vogliono poi dire anche meno lavoro: da 1 milione e 600 mila a 3 milioni di posti di lavoro mancati, si calcola, con i giovani a patire il maggior peso della crescente disoccupazione.

La ripresa si intravede. L'Irpet utilizza i dati Ocse, l'organizzazione europea per la cooperazione e lo sviluppo: +0,8 di Pil nel 2016 e +0,9 nel 2017, stesse cifre per l'occupazione. Ma di fatto la ricerca della produttivit pari scaricarsi tutta sul lavoro, spiegano gli esperti,con stipendi bloccati e pi basi, pi lavoro nero e orario ridotto frutto solo in piccola parte di scelte volontarie. 

La Toscana dal par suo regge meglio. Intendiamoci, dice l'Irpet, i dati negativi non mancano: 50 mila disoccupati in pi rispetto al 2008, 89 mila unit di lavoro in meno, consumi in calo. Ma nella sintesi di tutte le variabili la Toscana pu vantare la terza migliore performance d'Italia, dopo il Trentino Alto Adige e il Lazio. La Toscana ha retto soprattutto grazie all'export, cresciuto del 31 per cento dal 2008 ad oggi (e sia pur con un rallentamento registrato nel corso dell'ultimo anno) e cresciuto pi della Germania, che certo quanto a competitivit sta dietro a pochi. Ma anche in Toscana i problemi non mancano: l'industria segna un -15%, il settore delle costruzioni ha perso addirittura pi del 31 per cento ed il manifatturiero solo per met legato all'export. A voler guardare per il mezzo bicchiere pieno emerge  un nucleo di imprese dinamiche, quelle che hanno imboccato la 'strada traversa' necessaria per gli economisti per uscire da una crisi strutturale. Sono 3555 imprese su poco meno di 42 mila di tutto il comparto manifatturiero, l'8,5 per cento che conta per il 40 per cento degli addetti, il 67,4 per cento del fatturato e il 78,9 % delle esportazioni. E su quelle imprese, capaci di investire e trascinarne con s altre, occorre investire. E' la scelta fatta anche dalla Regione, ad esempio, con i fondi europei.