21 gennaio 2015
15:52

La storia di Vera Michelin-Salomon, antifascista al carcere duro in Germania

La storia di Vera Michelin-Salomon, antifascista al carcere duro in Germania

ROMA - Vera, con i suoi novantuno anni compiuti, abita in un appartamento non troppo lontano dalla stazione ferroviaria della capitale. Un appartamento come tanti, con la facciata in rifacimento. Quell'appartamento per uno scrigno prezioso e molto diverso da altre case e te ne accorgi subito, quando Vera Michelin-Salomon si avvicina al mobile del salotto e tira fuori una vecchia valigetta zeppa di fogli ingialliti che apparecchiano la tavola. Raccontano il processo sommario subito davanti al tribunale militare tedesco e la prigionia in un carcere duro in Germania di una diciottenne arrivata nel 1941 a Roma dalla provincia piemontese, tradizioni valdesi e figlia di pastori protestanti dell'Esercito della Salvezza, desiderosa di autonomia. Arrestata e deportata tre anni più tardi per resistenza non armata. Deportata politica.

Una storia di antifascismo. Uno scrigno di storie, parole, idee e valori. Un percorso dove libertà , conoscenza, impegno civico e dunque politica nel senso più alto del termine vanno a braccetto e dialogano.

"La mia e quella di altri fu una scelta naturale, basata sulla conoscenza - racconta - Se uno sa, non può che comportarsi di conseguenza". Conoscenza e cultura che per Vera sono importanti anche oggi: come le parole, i libri e il diritto (e dovere) di sapere. Lei che forse non per un caso ha fatto poi nella vita la bibliotecaria. "Occorre prima di tutto studiare, essere curiosi e sapere in che mondo vivi ammonisce -. Rinchiudersi, anche solo con un cuffia per ascoltare la musica mentre sei sull'autobus, il primo sbaglio". E' il rischio più grave per i ragazzi di oggi. Ma alla fine anche ottimista: nonostante tutto, nonostante che i valori della politica sembrano venir meno nelle nuove generazioni. "I giovani dice - devono trovare la loro strada: dei giovani dobbiamo ammettere di non sapere nulla, ma penso che scopriranno l'importanza della politica. Magari sarà una politica diversa da come l'abbiamo intesa noi, meno in mano ai partiti e più nelle loro mani. Ma non se può prescindere, perchè la politica ci che tiene insieme la società".

La storia di Vera presto raccontata. A diciotto anni, in cerca di autonomia e con la voglia di ampliare i propri orizzonti culturali, scelse di trasferirsi da Carema, in provincia di Torino, a Roma. Era il 1941. Lavorava come segretaria economa in una scuola professionale e iniziò a frequentare assieme all'amica e cugina Enrica Filippini-Lera, deportata con lei, circoli e ambienti antifascisti. Dopo l'8 settembre 1943 la scelta era fatta e Vera, assieme ad Enrica e quelli che lei definisce i 'fratelli maggiori', il cugino Paolo Buffa e Paolo Petrucci in collegamento con le forze speciali inglesi, partecipa alla resistenza non armata nella capitale.

"Giusto qualche giorno fa (il 7 gennaio 2015 ndr) abbiamo dedicato a Paolo (Petrucci ndr) una cerimonia ponendo per lui una pietra dell'inciampo. Fu ucciso nelle Fosse Ardeatine e mi sembrato così di dargli finalmente una sepoltura. L'unica consolazione di chi l'ha pianto che fu ucciso tra i primi e non avrà visto tutto il resto".

Vera operava nel Comitato studentesco di agitazione. Il suo compito era distribuire materiale di propaganda antifascista davanti alle scuole superiori e all'università per impedire lo svolgimento regolare delle lezioni e degli esami accessibili solo ai giovani in grado di presentare l'autorizzazione del costituendo esercito della Repubblica di Salò . Con la cugina aderì anche alla cellula del Partito comunista di piazza Vittorio. Poi il 14 febbraio 1944 un commando di SS si present in via Buonarroti e arrest tutti i presenti: Paolo Buffa, Paolo Petrucci, il fratello diciottenne appena arrivato Cornelio Michelin-Salomon e le due ragazze. Nel processo l'avvocato d'ufficio si diede subito pena di precisare che Vera non era ebrea, a dispetto del cognome che poteva farlo pensare. Le ragazze furono condannate a tre anni di carcere duro, i ragazzi assolti. Ma Paolo Petrucci finirà comunque alle Fosse Ardeatine.

Il 24 aprile Vera e Enrica, compagne di deportazione fino alla fine, partirono per la Germania, prima in camion e poi su un carro bestiame. La prima tappa fu Monaco di Baviera, poi Dachau e la prigione di Stadelheim. Dopo un mese il penitenziario femminile di Aichach. Furono liberate il 29 aprile 1945 dalle truppe americane, ma a Milano arriveranno solo dopo il 2 giugno.


 

>>>>L'INTERVISTA