21 gennaio 2015
17:57

Luoghi e nonluoghi

Un antropologo e sociologo francese, Marc Aug , ha inventato una decina di anni fa il concetto di nonluogo, scritto proprio così, tutto attaccato. 
 
Il suo era un ragionamento sulla modernità e precarietà dei tempi che viviamo, sull'individualismo che ci contraddistingue e la vita frenetica che ci infliggiamo, a contatto con centinaia e migliaia di persone ogni giorno senza che di fatto con quelle persone riusciamo a stabilire una vera relazione.
 
I nonluoghi di Aug sono gli aeroporti, le autostrade, i centri commerciali ma anche i campi profughi: luoghi di passaggio, o almeno pensati come tali. Tutti vi transitano ma nessuno vi abita davvero. Luoghi dove si vive il presente, senza futuro e senza storia.
 
Auschwitz, Birkenau e gli altri campi di sterminio possono essere considerati, a loro modo, dei nonluoghi. Dove le giornate scorrevano via tutte uguali. Dove quel che conta l'ora e l'orizzonte del domani svanisce. Dove centinaia di migliaia di persone vivevano insieme, alcune si incrociano solo per pochi attimi o giorni, altre condividono per mesi lo stesso destino, ma l'altro spesso solo un'ombra, ha i contorni del viso sfocati, non si imprime nella memoria e spesso non ha neppure un nome.
 
Ma Auschwitz, Birkenau e gli altri campi di sterminio sono oggi anche (e sopratutto) dei luoghi. Essere oggi ad Auschwitz o a Birkeanu, passare di baracca in baracca, calpestare quell'erba che si perde all'infinito, ti costringe a spostarti con tutto te stesso. Ti obbliga a guardarti dentro.
 
Quello che un nonluogo certo non fa.