Territorio e Paesaggio
1 febbraio 2011
13:31

Marson su Repubblica: 'Serve una sensibilità diffusa per il paesaggio'

Su 'La Repubblica-Firenze' di oggi un articolo di Maria Cristina Carratù su norme e competenze urbanistiche. Tra gli altri, intervistata anche l'assessore regionale Anna Marson. Ecco il testo integrale dell'articolo:

Come nascono gli ecomostri: "La legge non basta, serve cultura"

La domanda è sempre la stessa: ma come è possibile? Come è possibile che si autorizzino tralicci in una delle valli più pregiate della Toscana, salvo fare poi dietro front fra mille difficoltà? Come è possibile che un piccolo ecomostro come la nuova palazzina degli Assi spunti dal nulla in uno dei punti più belli di Firenze, e ci voglia la magistratura, attivata dall'indignazione dei cittadini, per interrompere (per ora) lo scempio? Due casi diversi, due affronti all'ambiente ugualmente gravi. «Impossibile dire, per ora, cosa sia successo sul viale Michelangelo» riconosce l'assessore regionale all'urbanistica Anna Marson. Ma una cosa è certa: se le buone norme sono indispensabili, «serve, prima ancora, una vera sensibilità diffusa per il paesaggio». Anche in Toscana. Traduzione: se gli esperti della commissione paesaggistica di un Comune non hanno specifiche competenze in materia, se agli architetti si chiede solo una firma tecnica e non un minimo di responsabilità progettuale, «non stupiamoci se arriva l'abuso, o l'obbrobrio». Ovvio che, «per evitare di trovarsi all'improvviso di fronte a un ‘mostro'», serva innanzitutto «una pianificazione appropriata», osserva Maddalena Ragni, direttore regionale dei Beni Culturali. E però, per dire, il piano paesaggistico approvato dalla Regione nel giugno 2009 in forma di «implementazione» (termine tecnico) del Piano di indirizzo territoriale (Pit), e riferito al Codice nazionale dei beni culturali, «ha bisogno di tante di quelle integrazioni», riconosce Marson, «che alla fine bisognerà riadottarlo». Insieme alla direzione regionale dei Beni Culturali si lavora ad un protocollo di intesa Regione-ministero, ma il percorso è lungo. Si tratta di mettere ordine nella selva dei vincoli(per esempio quelli sui corsi d'acqua, gli stessi dell'ipotetico abuso della palazzina degli Assi, secondo la procura edificata sotto un vecchio fosso «rombato»), con una ricognizione specifica di quelli delle soprintendenze, di rendere congruenti ed efficaci le prescrizioni per i centri storici e le aree pertinenti (per esempio, quella di viale Michelangelo), di imporre rappresentazioni grafiche dei progetti, e soprattutto dei contesti in cui si calano. Ma di nuovo: attenzione «a non credere che tutto si risolva sul piano normativo», insiste l'assessore. Perché se le regole ci sono, ama poi il personale non sa applicarle, o le applica come gli pare, crolla tutto». Serve, insomma, una sorta di conversione culturale, «che passi, per esempio, da una selezione accurata dei membri delle commissioni, da accordi con l'Ordine degli architetti per assicurare qualità ai progetti».

Lacune che denuncia anche l'urbanista Paolo Baldeschi: se quello degli Assi è davvero un abuso, dice, «i casi sono due: o il piano regolatore di Firenze era fatto male perché non ha vincolato quell'area, oppure l'ha vincolata e allora qualcuno, nella struttura tecnica, ha chiuso gli occhi». E se poi è venuto fuori anche un orrore, la risposta va cercata «nella ex commissione edilizia del Comune malamente convertita sui nuovi bisogni tramite `esperti', scelti magari fra geologi e periti industriali, privi di cultura del paesaggio, e che si limita a interpretazioni tecnico burocratiche dei progetti». Conferma Alberto Asor Rosa, presidente della Rete dei comitati: sul banco degli imputati, dice, «oltre a una pianificazione carente e una eccessiva discrezionalità locale nell'applicazione delle regole», c'è «un bassissimo livello di consapevolezza culturale dell'importanza del paesaggio». Anche nella migliore delle regioni, che è questa. Alla luce dell'esperienza, insomma (vedi il via libera del Consiglio di Stato all'impresa costruttrice delle villette di Monticchiello), non resta che un avvertimento: «Occhio a quello che ci succede in torno». Contro un `mostro', infatti, «prima si interviene, più è probabile stopparlo». Se è già in piedi, invece, o anche solo in fieri, come la palazzina degli Assi, «si rischia di perdere anche la più giusta delle battaglie».

di Maria Cristina Carratù