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21 settembre 2018
16:00

Rapporto criminalità organizzata, aumentano i beni confiscati ma sono pochi quelli assegnati

FIRENZE - Case in gran parte, ma anche terreni e aziende. Per lo più, il 40 per cento, riconducibili alla camorra campana, forte nella presenza in particolare ad Arezzo, Firenze, Prato, Lucca e Pisa. La Toscana piace alle mafie, che nella ‘regione della bellezza' da anni investe.

Erano 364 lo scorso maggio (ed oggi una settantina in più) i beni sotto confisca in Toscana, distribuiti in sessanta dei 276 comuni della regione: 312 immobili e 54 aziende per l'appunto, come ricorda nel suo rapporto annuale, commissionato dalla Regione, la Scuola Normale di Pisa. Negli archivi online dell'agenzia nazionale che quei beni li gestisce ed assegna ne risulterebbero anche più di 364 (486 a maggio, 558 oggi). Ma la Corte di appello di Firenze ha revocato ad aprile 2018 un provvedimento di confisca per oltre centoventi immobili, concentrati per lo più in un borgo del comune di Camporgiano in provincia di Lucca. Il numero dunque diminuisce e si attesta a 364.

Quelle case e quelle aziende sono il frutto di riciclaggio e di operazioni di occultamento di capitali illeciti. Ma se l'origine camorrista è prevalente – e ben distanti, ma presenti, arrivano ‘ndrangheta calabra (8%), Cosa Nostra e affini (7%) e Sacra Corona Unita pugliese (7%) - va anche detto che un quarto dei beni sotto confisca non si riferisce a reati di criminalità organizzate, ma usura, estorsione o bancarotta.

I beni possono essere confiscati in via preventiva o dopo una sentenza. Percorsi tutti i gradi dei processi, la confisca diventa definitiva e le proprietà possono a quel punto essere assegnate. Peccato che solo il 20 per cento di quei 364 immobili e aziende sia arrivato a quel traguardo, il 38% se si considerano le sole proprietà ‘destinabili'. Centosedici sono i beni confiscati definitivimente. Si tratta di un ritardo significativo: la media nazionale è di fatto il doppio (43 e 64 per cento). Rispetto agli ultimi anni si sono comunque fatti passi da gigante e si è registrata un'accelerazione. Nella seconda parte del 2017 (e all'inizio del 2018) infatti i beni destinati sono stati il 31 per cento in più rispetto all'anno precedente, merito delle iniziative intraprese e di un rinnovato ruolo proattivo da parte dell'Agenzia nazionale per i beni confiscati.

Si tratta di numeri lontani rispetto a quelli di regioni a tradizionale presenza mafiosa o storicamente a più elevata colonizzazione criminale: la Sicilia conta 1261 aziende confiscate e 10.180 immobili, la Campania 708 e 4046, il Lazio 522 e 1703, la Calabria 496 e 4128 e la Puglia 217 e 2293. Anche la Lombardia, con 339 aziende e 2650 immobili sotto confisca arriva prima, ugualmente l'Emilia Romagna (106 e 706). Si tratta inoltre di particelle catastali e non di immobili veri e propri,che sono molti di meno. Ma è una presenza che non va sottovalutata. Sesta per numero di aziende e quarta per immobili, "la Toscana non è una terra di mafia, ma la mafia c'è" ripeteva lo scomparso giudice Antonino Caponnetto. Il bene forse simbolo di queste confische è la tenuta di Suvignano nel comune di Monteroni d'Arbia, in provincia di Siena ed è anche un caso emblematico dei tempi spesso lunghissimi per arrivare ad un'assegnazione definitiva.

La proprietà conta diciassette coloniche e 21 mila metri quadri tra immobili e magazzini, una chiesetta di fianco all'edificio principale e settecento ettari di terreni (685 nel comune di Monteroni e 18 in quello di Murlo). C'è pure un agriturismo, funzionamente. La Via Francigena passa lì vicino.

Il cuore dell'attività rimane comunque la coltivazione dei campi: grano ed erba per foraggio per lo più, qualche olivo e un centinaio di ettari di bosco. La storia inizia con il giudice Giovanni Falcone quando nel 1983 sequestra la tenuta una prima volta all'imprenditore palermitano Vincenzo Piazza, sospettato di aver rapporti con Cosa Nostra. Il costruttore siciliano ne rientra successivamente in possesso. Tra il 1994 e il 1996 arriva il secondo sequestro, assieme ad un patrimonio di ben duemila miliardi di vecchie lire affidato alla gestione di un amministratore giudiziario. Poi nel 2007, con la condanna passata in giudicato, la confisca diventa definitiva. Da allora però, sono passati oramai undici anni e l'azienda è ancora gestita dall'Agenzia nazionale per i beni confiscati e non è stata ancora assegnata agli enti locali che assieme alla Regione avevano presentato un progetto di agricoltura sociale.

Suvignano è anche l'esempio di una mafia che non è più quella della coppola confinata solo in Sicilia ma quella che fa affari nel mondo ed investe parte dei suoi guadagni illeciti e riutilizzare i beni strappati alle mafie e riconsegnarli alla collettività rimane la priorità per la Regione.

La provincia di Firenze ospita il maggior numero di beni immobili e aziende confiscate (il 20 per cento, prima in regione per edifici a a fini industriali e commerciali). Segue Pisa (18%, prima per terreni), Livorno (14%) e Lucca (10%). La provincia di Pisa ha il maggior numero di beni ancora in gestione all'agenzia nazionale (22%). A guardare i beni già destinati è invece Pistoia a guidare la classica regionale: quasi uno su tre si trova lì. Livorno, con Firenze, sono le due province con il maggior numero di aziende confiscate (54 in tutta la Toscana).
 

Documenti disponibili on line:
Il rapporto 2018 su criminalità organizzata e corruzione in Toscana
Sintesi del rapporto 2018 su criminalità organizzata e corruzione in Toscana

Consulta anche:
La prima edizione del rapporto, pubblicato nel 2017