23 gennaio 2019
7:25

Vera Vigevani Jarach ai ragazzi: "Responsabilità è prender parte: anche contro la fame nel mondo"

CRACOVIA - L'ignavia ecco, come quella che canta Dante nel terzo canto dell'Inferno: come "quella di Celestino V che fece il gran rifiuto". Quella va combattuta anzitutto per Vera Vigevani Jarach, testimone di due tragedie del Novecento: l'Olocausto, che nella voragine di Auschwitz ha inghiottito il nonno che troppo tardi ha deciso di fuggire dall'Italia nel 1943, e i trentamila desaparecidos del regime dittatoriale dell'Argentina di Videla, di cui una è stata la figlia diciottenne scomparsa nel 1976. Ottanta e quaranta anni fa: è la conferma che le tragedie, in forme diverse, si ripetono, nell'uno come nell'altro caso con la complicità di un popolo (o almeno molti di questo) che si girarono dall'altra parte.   

Vera conclude l'incontro con i testimoni al cinema Kijow di Cracovia, uno dei momenti più intensi dei tre giorni in Polonia con i cinquanta e passa studenti del treno della memoria toscano. Lei, che la deportazione non l'ha patita ma l'esclusione da scuola per le leggi razziali a dieci anni sì, è la testimone che arriva da più lontano: dall'Argentina, dall'altra parte del mondo. E il suo è un richiamo, ancora, contro l'indifferenza, che "è mancanza di responsabilità". 

"Le tragedie si ripetono, purtroppo – dice - E allora quando si intravedono i primi segnali si deve prendere parte, che è l'essenza dell'esser partigiani, si deve resistere. E lo si può fare in modi diversi". "L'importante – aggiunge – è non aver paura: prendere il coraggio è fare qualcosa", Combattere il silenzio. 

"Non sono una ottimista assoluta – confessa - ma un po' lo si può essere, perché le utopie a volte diventano realtà. Certo serve la volontà, in questo Gramsci aveva ragione. Serve la speranza, che non va mai persa, e serve la via e la maniera. Così si può diventare anche giusti, ovvero una persona che sulla propria pelle compie atti di solidarietà".

Qualcuno ottanta anni fa l'ha fatto di fronte alla discriminazione e alla deportazione degli ebrei. "Oggi tanti altri sono i genocidi nel mondo – conclude – C'è il genocidio di migranti inghiottiti nel silenzio dal mare. Assistiamo al femmicidio, altra tragedia spesso avvolta dal silenzio. E poi c'è la fame nel mondo, che miete tanti altri morti ed è una terribile ingiustizia su cui abbiamo  responsabilità, perché frutto di quel colonialismo che c'è sempre stato, in tutte le epoche e che si sostanzia nel'imposizione di una lingua, di una religione magari, nel furto di terre e nello sfruttamento  per impedire che un popolo cresca e si sviluppi normalmente. C'è sempre stato, ma questo non vuol dire che non dobbiamo fare qualcosa".