19 gennaio 2015
21:29

Celebrazioni

Quali sono i rischi da evitare perchè la memoria si riduca a una cerimonia, una volta all'anno?

Non è una domanda da sottovalutare, mentre sei in viaggio su un treno direzione Auschwitz. Il pensiero torna sempre a quella pagina del Giardino dei Finzi Contini di Bassani, forse quella più terribile sulla Shoah, perchè di Shoah (apparentemente) non parla. all'inizio del libro: una domenica di aprile con una gita fuori porta alla necropoli etrusca di Cerveteri.

 

"Papà perch le tombe antiche fanno meno malinconia di quelle nuove?"

"Gli Etruschi, vedi, è così tanto tempo che sono morti che è come non siano mai vissuti, come se siano stati sempre morti".

 

La bambina, che si chiama Giannina ci pensa e capisce di non essere d'accordo: "Però adesso che dici così mi fai pensare che anche gli Etruschi sono vissuti, e voglio bene anche a loro come a tutti gli altri".

 

E la domanda è: come fare in modo che anche gli stermini del Novecento non diventino ricordo lontano, muto, incapace di parlare ai cuori delle generazioni che verranno? Una risposta la dà Ugo Caffaz, da sempre "anima" del Treno della Memoria toscano. E' allergico a quello che chiama "celebratismo". Bisogna educare, spiega. "Il valore pedagogico il nemico della celebrazione per la celebrazione. O detta in altro modo, la celebrazione ha come suo contrario lo studio, il confronto, l'esperienza, l'emozione".

 

Per questo siamo qui, aggiunge Caffaz. Per questo ci siamo insieme: "Stiamo partecipando a questa avventura. Sono andato ad Auschwitz da solo e non la stessa cosa. Questo viaggio va fatto insieme".