La Toscana dello sport
Firenze
3 dicembre 2022
16:01

Coverciano, una leggenda che continua nel libro dedicato al Centro Tecnico Federale

Coverciano, una leggenda che continua nel libro dedicato al Centro Tecnico Federale
Coverciano anni Sessanta: Artemio Franchi e, sotto, Pietro Anastasi (Archivio Foto Fiorenza). In basso, gli autori e una foto del volume

Alla fine degli anni venti il marchese Luigi Ridolfi, erede di una delle famiglie nobili più antiche e gloriose di Firenze e appassionato di sport, decise che la sua città meritava uno stadio all’avanguardia e all’altezza della sua fama e per realizzarlo, assieme al Comune, decise di frugarsi le tasche mettendo anche denari e proprietà di famiglia. Agli inizi degli anni cinquanta il marchese arrivò poi alla risoluzione che tutto il movimento sportivo ed il calcio italiano avevano bisogno di una “casa comune” che guardasse al futuro dello sport onorandone il passato, costruita con lo stile e i colori delle ville medicee e dotata delle più moderne infrastrutture da mettere a disposizione dello sport nazionale.

“Ecco come nacque il Centro Tecnico Federale di Coverciano - sottolinea il presidente della Regione Toscana Eugenio Giani - da una delle tante iniziative promosse e poi realizzate da Luigi Ridolfi, artefice della fondazione della Fiorentina, appassionato di musica tanto da essere fra gli ideatori del Maggio Musicale, grande sostenitore

dell’atletica leggera cittadina che gli deve l’idea della costruzione delle prime infrastrutture sportive dell’Assi Giglio Rosso e dello stadio che oggi porta il suo nome, proprio accanto al 'suo' Artemio Franchi”.

La storia del Centro Tecnico Federale viene raccontata nel volume “Coverciano, la leggenda continua” di Maurizio Francini, direttore del Centro Tecnico, e Massimo Generoso, presentato nella sala Pegaso di Palazzo Strozzi Sacrati assieme al conduttore radiofonico Carlo Nicoletti e al presidente Giani.

Un libro che nasce, nelle parole di Maurizio Francini, come “un gesto d’amore nei confronti di un luogo che non è solo di impegno e lavoro, ma custodisce la memoria e la passione di tutti coloro, atleti, dirigenti, amici, colleghi, che hanno contribuito e contribuiscono a farne un luogo unico e nel suo intento cerca di raccontarlo e spiegarlo a chi non ha mai avuto la possibilità di varcarne i cancelli”.

Il Centro Tecnico è oggi parte integrante di Firenze, un vero e proprio quartiere nel quartiere, quello di Coverciano, che negli anni ha assunto il fascino dei luoghi “riservati”, visibile da tutti ma accessibile a pochi, custode e testimone dei riti e dei miti della nazionale di calcio e degli addetti ai lavori, dei suoi ritiri che hanno accompagnato e accompagnano gli appuntamenti sportivi più importanti, dalla preparazione ai Campionati mondiali ed Europei fino ai periodici raduni.

Su interessamento del dottor Fino Fini, ex medico della nazionale maggiore maschile, a partire dal 1990 il Centro Tecnico è stato ampliato con nuovi campi di allenamento ed un museo, ufficialmente inaugurato dieci anni dopo, che ospita un percorso espositivo dove è custodita la memoria del calcio italiano ed internazionale: maglie, palloni, coppe, trofei, foto, testimonianze di tutta la storia della nazionale e non solo.

Nei palloni di cuoio cuciti a mano, nelle casacche azzurre di Amadei e Piola, nella maglia granata del Grande Torino di Maroso fino alle divise di Facchetti e Cannavaro c’è la storia di un Paese in tutte le sue vicende umane e personali, del progresso della sua manifattura e della sua industria, le speranze di futuro, l’orgoglio modesto di Elvio Bianchero che affidò a sua moglie la maglia con la quale vinse la medaglia di bronzo ai Giochi Olimpici di Amsterdam nel 1928 perché la trasformasse in un cardigan coi bottoni e un bel colletto di lana da indossare sul pigiama, che in casa i soldi erano pochi e il freddo, d’inverno, tanto.

Il volume, nella forma confidenziale del dialogo, ricostruisce la storia del calcio italiano facendola rivivere in una visita virtuale del Museo negli oggetti, nei nomi e nelle persone che, in modo diretto o indiretto, hanno contribuito con le loro donazioni alla crescita documentale ed iconografica dei suoi spazi espositivi, per loro natura e vocazione in continuo sviluppo. Nelle pagine del volume trovano spazio foto e testimonianze dei primi anni del secolo scorso, con l’avvento in Italia del calcio pionieristico delle virtù dei “pedatori antichi”, come li descriveva Gianni Brera, fino alle storie dei successi di oggi raccontate da Roberto Mancini, Renzo Ulivieri e molti altri.

Pagine di vita e di sport che colmano un vuoto nel racconto e nella memoria del calcio fiorentino e italiano e collocano il Museo fra i luoghi di Firenze che valgono il privilegio di una visita.