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Diritti
13 dicembre 2013
18:39

Firenze ricorda i senegalesi uccisi nel 2011. Rossi a Kyenge: "Ha vinto la fraternità"

FIRENZE _  Cittadinanza italiana subito ai ragazzi stranieri nati e che vivono in Italia, norme più semplici per la cittadinanza agli immigrati che lavorano nel nostro Paese e superamento della Bossi-Fini.
 
Il presidente della Toscana Enrico Rossi ripete nel secondo anniversario della strage razzista di Firenze, quella in cui morirono due ragazzi senegalesi e tre loro compagni rimasero feriti ed ancora sono pesantemente segnati da quella violenza, la propria ricetta per una migliore integrazione. 
 
Lo fa a Palazzo Strozzi Sacrati, sede della presidenza della Regione, dove istituzioni e comunità senegalese, in un'affollatissima sala Pegaso dove sedeva anche la vedova di  Modou, uno dei ragazzi uccisi, hanno deciso oggi di fermarsi a ricordare quella strage assieme alla ministra dell'integrazione Cecile Kyenge. Un ricordo nel segno di due parole: rispetto e dignità, rispetto della persona, che è l'opposto di razzismo e xenofobia, e dignità come impegno delle istituzioni a garantire a chiunque i propri diritti fondamentali. 
 
"Ricordare è essenziale -  dice Rossi - per fare di accoglienza e apertura una battaglia di egemonia culturale, se serve".  "Due anni fa abbiamo rischiato la rottura - ammette - . Ne siamo invece usciti senza cumulare odio, ma rafforzando i rapporti di fraternità con la comunità senegalese, tra le prime coinvolte nel vortige della globalizzazione e meglio integrate in Toscana. Non era scontato. E se generare odio era uno degli obiettivi della mano armata che ha scatenato quella violenza, possiamo dire che quell'obiettivo è stato fallito". 
 
L'ambasciatrice in Italia della Repubblica del Senegal Seynabou Badiane parla di Italia come "paese di accoglienza". Rossi ricorda la concessione della cittadinanza italiana ai tre sopravvissuti, che la Regione aveva chiesto, e il riconoscimento alle famiglie dell'indennità che una legge regionale garantisce alle vittime sul lavoro. "Anche questo ha contributo a tenerci uniti e generare solidarietà concreta" sottolinea. 
 
Poi è il turno della ministra Cecile Kienge, che si sofferma e prova a riassumere i tanti punti da tenere assieme:  dall'integrazione alla lotta alla criminalità, passando per "quelle prigioni non fatte di muri veri, ma non peggio di quelle reali, che sono la non inclusione e la negazione di ogni possibilità di vera integrazione".