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Firenze
10 febbraio 2021
16:02

Giorno del Ricordo, conoscere ciò che è stato è l’unico modo per evitare che si ripeta 

Per l’assessora Nardini è solo così che si può diventare costruttrici e costruttori di pace e dialogo. L’esperienza con le scuole toscane 

Giorno del Ricordo, conoscere ciò che è stato è l’unico modo per evitare che si ripeta 

“Ricordare ciò che è stata significa rafforzare la consapevolezza su un dramma italiano, un orrore ai danni di italiane e italiani che patirono persecuzioni, sofferenze e atroci violenze, fino a essere eliminati e barbaramente uccisi". Parla delle tragedia delle foibe l’assessora alla memoria della Toscana Alessandra Nardini e parla del “progetto  europeo di integrazione che seguì al buio del Novecento e alla profondità  di divisioni che aveva creato”. Lo fa concludendo l’evento on line che la Regione Toscana ha organizzato per il Giorno del Ricordo, occasione per confrontarsi con la complessità della storia e del difficile confine orientale italiano e per ricordare le iniziative organizzate in questi anni nelle scuole. Assieme agli storici  e con i lavori ‘giornalistici’ e di testimonianza di alcuni studenti, che hanno partecipato al viaggio, il secondo,  organizzato l’anno scorso dalla Regione. 

“Coltivare il ricordo di ciò che è stato – dice Nardini – serve a proteggere il nostro futuro e serve ad educare le nuove generazioni al dialogo, al valore della pace e alla complessità di ciò che accadde”.  "A questi territori – ricorda ancora l’assessora - il Novecento ha chiesto prove davvero durissime: la prima Guerra Mondiale con battaglie particolarmente cariche di devastazione, la violenza del fascismo contro le minoranze slave, la cui brutalità nessuno può cancellare o minimizzare, l’occupazione e l’oppressione nazista, infine la sistematica persecuzione e violenza contro gli italiani da parte del comunismo titino". Ne furono vittime italiani che per la maggioranza “niente avevano a che fare con le persecuzioni fasciste ai danni degli yugoslavi, cittadine e cittadini semplici, donne, operai, religiosi ed anche partigiani antifascisti e comunisti”. E “dopo la violenza della guerra e quella della persecuzione si trovarono a che fare – aggiunge l’assessora - con il pregiudizio strisciante che fosse in fuga una schiera indistinta di fascisti mentre lo erano italiane e italiani di ogni estrazione e credo, per cui quello fu uno stigma pesante e ingiusto che non di rado si manifestò in mancanza di solidarietà ed accoglienza”. 

Per questo motivo, ha concluso Nardini, è importante "conoscere ciò che è accaduto, perché dobbiamo sempre ricordarci che tutto ciò che nella storia è stato possibile e potrebbe di nuovo ripetersi, anche in altre forme”. “Poiché  - prosegue - stanno tornando in modo vigoroso messaggi nazionalistici e divisioni che avvelenano l'Europa e l'Occidente tutto, dobbiamo avere l'ambizione che questo secolo sia finalmente quello in cui chiudiamo definitivamente le porte ai semi delle divisioni e dell'odio del secolo scorso”.

Durante la mattina Giuseppe Matulli, ex ricercatore e politico dal lungo corso, dal 2018 nel direttivo dell’istituto storico della Resistenza toscano ed attuale presidente, aveva confessato di come la partecipazione al viaggio con gli studenti organizzato dalla Regione tre anni fa gli avesse spalancato le porte ad una realtà del confine orientale che l’educazione scolastica non lasciava percepire e che il contato e l’ascolto di tutte le parti coinvolte in quella memoria divisiva aveva permesso di riportare alla luce. “Quel viaggio mi aiutò a scoprire i fatti – spiega – e una Trieste città internazionale che non era solo quella delle storie italiane, con il messaggio positivo di libertà, rispetto reciproco, tolleranza e integrazione prima dell’arrivo dei nazionalismi. Il ricordo significa rivivere il dramma di chi ha pagato prezzo altissimi, ma anche riflettere sul futuro e sul rispetto e la valorizzazione delle diversità come ricchezza e non certo come limitazione”. 

Il confine ‘difficile’ che separa oggi Italia, Croazia e Slovenia è spesso solo un’etichetta. Farlo diventare nomi, cognomi, volti da vedere e voci da ascoltare, è stato spiegato stamani, è l’ambizione che ha mosso le iniziative organizzate negli ultimi anni  dalla Regione con le scuole. Solo così, attraverso una pedagogia della memoria ma anche una pedagogia del riconoscimento che crei spazi di ascolto, con le storie di ambo le parti, si può aiutare a comprendere. Senza voler imporre alcuna lettura, ma offrendo semmai gli strumenti per affrontarla. Anche raccontando memorie scomode, perché è proprio ciò che non viene raccontato che rischia di riprodurre violenze, divisioni, fratture e rancori perenni.

All'evento di stamani sono intervenuti  anche il presidente dell'Istituto storico grossetano della Resistenza e dell'età contemporanea Luca Verzichelli, Luciana Rocchi ancora dell'Isgrec, Luca Bravi per l'Università di Firenze e il console italiano a Fiume Davide Bradanini.
 

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