Cultura
4 febbraio 2014
18:37

La necessità della memoria nella testimonianza di Vera Vigevani Jarach

FIRENZE – Lei si è definita una "militante della memoria", e davvero Vera Vigevani Jarach ha vissuto un vita che è di per sé un riassunto delle tragedie del '900. Rifugiatasi nel 1939, a 11 anni, in Argentina e sopravvissuta al genocidio grazie alla prudente lungimiranza della famiglia che, appena emesse le leggi razziali, decise la fuga, ha perso ad Auschwitz il nonno che non volle partire. Nel 1976 la dittatura dei generali le rubò la figlia Franca di appena 18 anni, che perì dopo la prigionia e la tortura nelle cantine della Scuola di Marina in uno dei voli della morte sull'Oceano. E lei, per sapere, scelse la lotta pacifica delle Madri di Plaza de Mayo.

 

Oggi ha riunito intorno a sé molti che come lei non vogliono dimenticare, anzi vogliono fare della memoria uno strumento si salvaguardia della libertà e della memoria. "Dalla deportazione razziale ai desaparecidos" è il titolo dell'incontro/dibattito (con letture e sonorizzazioni dal vivo) che l'associazione culturale la Nottola di Minerva, in collaborazione con la Regione Toscana, ha organizza al SUC delle Murate. Accanto a lei hanno voluto essere Carlos Cherniak, ministro plenipotenzario dell'Ambasciata della Repubblica Argentina con delega anche sui diritti umani, e l'assessore regionale alla cultura Cristina Scaletti.

 

"La Regione Toscana da sempre, e lo ritiene un suo compito preciso, lavora ad attività capaci di attualizzare la memoria – ha affermato l'assessore Scaletti -. Solo così di possono esorcizzare i rischi per la nostra libertà che sono sempre in agguato, anche se sembrano marginali e di piccola entità. Dobbiamo sapere in prima persona e diffondere la nostra conoscenza, soprattutto tra i giovani; far sapere che ci sono state persone che sono state capaci di dire no, di opporsi al terrore e alle stragi anche di fronte ai tanti che dicevano sì, costruendo in questo modo le potenzialità per cambiare le cose. Dobbiamo far crescere il senso di responsabilità comune, farne patrimonio personale e collettivo, per costruire le condizioni che evitino il ripetersi di fatti tragici come quelli su cui Vera porta qui oggi la sua testimonianza vivente".