19 gennaio 2015
14:05

La realtà che supera la fantasia: finte stazioni ed antologie di orrori

Due anni fa, cercando di affogare la notte nel vagone ristorante del treno che oramai aveva quasi varcato i confini della repubblica ceca, sfogliavo libri già letti e consumati a casa: libri che ogni edizione, alcuni gli stessi ed altri diversi, vengono consegnati ai ragazzi con uno zainetto. E come me altri sfogliavano quelle pagine.

Sono libri che raccontano le vite dei testimoni, quelli sul treno e che aspettano i ragazzi a Cracovia, ma anche altre storie, storie di lager ed aberrazioni umane, inganni e gesti disperati. Parole dietro cui appaiono volti e vite, come quelle che si materializzano nella 'sauna' di Birkenau dopo ore a camminare nel bianco e nel silenzio della foto, con le foto di famiglia di tante valigie scampate alla distruzione ora appese ai muri, o come accade ad Auschwitz con le istantanee scattate alla discesa dai treni, figli e genitori per mano diretti verso l'ultimo inganno.

Nei lager in prima classe
Così, mentre la notte s'ingrossa e tutto intorno era da centinaia di chilometri un'unica distesa bianca, dai libri uscivano fuori storie che vorresti inventate, partorite dalla fantasia di un qualsiasi scrittore di horror, ed invece purtroppo tristemente accadute, anche se ancora oggi qualcuno le vorrebbe negare. Scopri che nei lager non si arrivava solo con i carri piombati ma anche, ignari, in prima classe, convinti magari di raggiungere un paese neutrale. Senza scorta e con il personale ferroviario di ordinanza, tra fanciulle smagrite e curate nei vestiti e madri che accomodavano con amore la copertina ai neonati. Accadeva a Treblinka, sessanta chilometri da Varsavia, dove era stata costruita anche una finta stazione, con tanto di biglietteria e destinazioni in testa a binari in realtà morti. Crudeltà nella crudeltà. A Treblinka, fabbrica costruita solo per uccidere, ogni giorno finivano nelle camere a gas in almeno diecimila, più di tre milioni di morti in tredici mesi. Ce lo racconta nel suo libro "L'inferno di Treblinka" Vasilij Grossman uscito la prima volta nel 1944 e quasi un racconto in presa diretta del corrispondente di guerra russo.

Un inferno per le donne
Nei libri scopri anche e tocchi con mano che la condizione delle donne era ancor peggiore, quasi sempre, di quella degli uomini. Storie spesso finite male, anche quando non venivano stuprate ed uccisi dai loro carnefici il giorno dopo. Storie come a Birkenau quella di Lilly, mandata a morte con un cenno indifferente della sua capo, che sospettava in lei una rivale in amore. Come Maria, che entra nel lager senza denunciare la sua gravidanza, anzi la nasconde fasciandosi il ventre, perché vuole che il bambino nasca. E nasce infatti, nella bolgia notturna di una baracca lurida, senza luce né acqua né un panno pulito, nella ridestata pietà delle compagne prigioniere. Ma all'appello la mattina nessuno può mancare e mamma e bambino si dissanguano e muoiono, prima che l'appello finisca. Storie ancora come quella di Bruna, che ritrova il figlio adolescente in un lager contiguo: si abbracciano attraverso il reticolato elettrico e rimangono fulminati. Oppure della russa Zina, che si gioca la vita per favorire la fuga di Ivan, che non conosce ma che le ricorda vagamente il marito ucciso dai nazisti. E poi ancora le storie delle sorelle olandesi – una sceglie la vita del bordello, l'altra la rinnega – o della moglie innamorata e combattuta tra due destini: mantenersi fedele al marito e morire di fame oppure cedersi, per un giorno sperare magari di rivederlo.

Sfumature di grigio tra il bene e male, costretti – come ricorda anche Primo Levi – a condotte non sempre esemplari pur di sopravvivere.