Diritti
Tutta la Toscana
25 luglio 2023
18:38

Le voci delle associazioni: “Un museo che spinge a fare i conti con il passato italiano”

Le voci delle associazioni: “Un museo che spinge a fare i conti con il passato italiano”
Ugo Caffaz durante l'intervento. In basso a destra, Dario Venegoni

Ugo Caffaz, consulente della Regione per le politiche della memoria, è emozionato. “Vidi il memoriale la prima volta nel 1982, in un viaggio ad Auschwitz: ero con Primo Levi (lo scrittore lì deportato e sopravvissuto), che il memoriale non l’aveva mai visto. Il memoriiale a Firenze è una cosa eccezionale. Non esiste un monumento preso ad Auschwitz, che questo memoriale non voleva più, e portato in Italia. Non esiste in tutta Italia un museo sul fascismo. Questo museo di Firenze servirà a colmare dunque in parte questo anche questo vuoto”.

Il museo parla infatti delle vittime ma anche dei carnefici, parla del passato, dei testimoni di una tragedia ma anche del futuro. “E’ successo e può succedere ancora diceva Primo Levi – si sofferma ancora Caffaz – e se succederà ancora la colpa sarà nostra”. Per l’incapacità di guardare al passato per imparare, per confrontare e paragonare. Per evitare ad esempio che, in cento giorni, come ricorda Caffaz, nel 1994 un miione di ruandesi sia trucidato a colpi di macete dai tutsi.

Lo spiega ancora meglio Enrico Fink, musicista e presidente della comunità ebraica di Firenze, che ringrazia per il lavoro fatto: lui che tra i deportati conta il nonno. “Un museo come questo, costruito con grande intelligenza, punta lo sguardo verso chi ha reso vittime tante persone – sottolinea – Punta l’attenzione verso i carnefici e dunque guarda noi, la società in cui viviamo: quella società che nel dopoguerra non ha voluto affrontare le responsabilità del fascismo nel ventennio e sulla Shoah, cullandosi nel falso mito degli italiani brava gente”.

Anche gli italiani invece ebbero le loro responsabilità. E il nuovo museo di Firenze pone la società italiana di fronte a quelle responsabilità. Un museo che nasce da una scommessa e da un lavoro di squadra. Un argine contro la perdita di un pezzo di memoria collettiva.

“Lo inauguriamo in una data non casuale, nella ricorrenza della caduta del fasciamo - ricorda Aurorara Castellani, presidente della Fondazione del Museo della Deportazione di Prato - a poche settimane da un’altra data simbolo, il 23 agosto, che ci ricorda invece l’omicidio Matteotti ad opera del fascismo. Dobbiamo sempre tenere le orecchie dritte e lavorare tutti assieme e questo museo ci aiuterà a farlo”.

“Un museo che non ha eguali: l’unico in Italia nel suo genere e forse anche in Europa”, commenta il presidente dell’Aned, l’associazione nazionale degli ex Deportati, Dario Venegoni. “Non esiste infatti altro luogo che abbia la stessa apertura di visione sul mondo e su quello che accadde, che studi origini e motivazioni, che indaghi le crisi economiche e sociali che ne furono alla base”. Un filo per non perdere la memoria, da dedicare alla generazione degli ex deportati “che non si sono macerati nell’odio ed hanno invece, alcuni, lavorato per la fratellanza e della pacificazione concreta, anche con gemellaggi” e percorsi di pace tra città: quelle da dove partirono i deportati e quelle dove morirono nei campi di sterminio.