19 gennaio 2015
21:40

Non usate la parola zingari

La storia di Auschwitz è anche la loro storia e ricordare la loro storia è pensare ai muri che ancora oggi ci dividono. Passato e presente, perchè ha ragione Luca Bravi, tra i pochi studiosi in Italia del Porrajmos - come Rom e Sinti parlano del loro sterminio nei lager. "Non li teniamo distanti. Fino a che li teniamo distanti non si vince lo stereotipo".

 

Ad Auschwitz la notte del 20 agosto 1944 i nazisti liquidarono in una sola notte tutti i 24 mila "zingari" presenti nel campo. Cosa accadde non potrà ricordarlo uno di loro, ma alcuni ebrei, come Piero Terracina, che racconterà dello sbraitare dei cani, delle persone portate via, del silenzio del giorno dopo.

 

Al processo di Norimberga non si parlerà del Porrajmos. Più tardi qualcuno si lascerù scappare cose così: se l'erano cercata. Pregiudizi e ancora pregiudizi. I nazisti li sterminarono per il loro istinto al nomadismo. Ma ancora oggi li consideriamo nomadi e si pensa che la soluzione sia quella dei campi nomadi.

 

E allora fanno bene le testimonianze di Rom e Sinti su questo treno. Persone come Ernesto Galliano, nome italiano per una famiglia che per generazioni ha lavorato alle giostre. O come Demir Mustaf , che da una casa della Macedonia finito in una roulotte circondata da una rete.

"Io non ho paura di essere Rom - dice quest'ultimo - non mi sento uno sporco zingaro, conosco la mia storia e non le vedo su di me le cose che di me dicono. Pensare che sono anche musulmano, in questi giorni. Bisogna conoscere se stessi"

 

Per questo si può iniziare a non chiamarli come li hanno sempre chiamati quando si voleva offenderli: zingari.