19 gennaio 2015
20:58

Pensieri

Ricordando Fossoli e Primo Levi. inevitabile, sono molti i pensieri che sono saliti a bordo con noi, sul treno che ha appena lasciato la stazione di Firenze, puntando verso il Nord, verso la Polonia, ripercorrendo la stessa strada che fu delle migliaia di deportati dall'Italia.

 

A volte pensieri apparentemente marginali possono anche stimolare riflessioni non banali, che comunque stanno ben dentro quell'esperienza collettiva, diretta anche al cuore, che questo Treno della Memoria.

 

Per esempio sulla velocità di questo treno, che certo non quella a cui siamo abituati oggi, con le Frecce Rosse che solcano la penisola, ma non nemmeno quella dei vagoni piombati dei convogli nazisti diretti ai lager. Difficile immaginare quella lentezza, e con essa l'esperienza di quelle ore, di quei giorni. I corpi stipati, la mancanza di aria e di cibo, la paura per quanto li avrebbe attesi alla fine di quel viaggio.

 

Sì, difficile poter davvero immaginare tutto questo. Per questo sono importanti le testimonianze. Per questo ci sono anche molti libri importanti, che servono a capire e, in qualche misura, anche a "sentire" ci che stato. Ugo Caffaz, da sempre "anima" del Treno della Memoria organizzato dalla Regione Toscana, non ha dubbi, c'è un libro che, più di tutti, vorrebbe accompagnasse i ragazzi in questo viaggio. "Se questo è un uomo" di Primo Levi.

 

Il nostro treno non passerà troppo distante da Fossoli, la località a circa sei chilometri da Carpi, che fu l'anticamera del lager per migliaia di internati. Sul primo dei convogli, il 22 febbraio 1944, fu caricato anche Primo Levi.

 

Nelle sue pagine ritorna il ricordo dell'ultima notte. L'ordine di partenza era arrivato il giorno prima: lui e gli altri sarebbero partiti l'indomani mattina. Tutti: anche i vecchi e i bambini. Con l'occorente per un viaggio di quindici giorni: al resto avrebbero pensaro loro.

 

A scanso di equivoci, a nessuno saltasse in mente di non presentarsi all'appello. Ne avrebbero fucilati dieci, per ogni persona che fosse mancata.

 

Primo Levi ci dice che quella fu una notte di silenzio, preghiera, attesa. Solo apparentemente uguale alle altre, per le incombenze: i bagagli da sistemare, la biancheria ancora stesa ad asciugare sul filo spinato, i pochi giocattoli dei bambini da raccogliere. Sembra che, ancora solo apparentemente, quella notte sia stata diversa solo per una cosa: ai bambini, che si cercava di far studiare anche a Fossoli, quella sera non furono assegnati compiti per il giorno dopo.

 

Quanto a Primo Levi, un giorno del 1946, sopravvissuto all'inferno, su Fossoli avrebbe scritto anche una poesia, poche parole di straordinaria intensità. Con quel primo verso da incidere in ogni coscienza: "Io so cosa vuol dire non tornare".