Ambiente
Territorio e Paesaggio
15 marzo 2014
7:30

Rossi su l'Unità: "Le Soprintendenze non sono un'ostruzione"

FIRENZE - "La Soprintendenza non è un'ostruzione": è la risposta di Enrico Rossi a Giovanni Valentini, secondo il quale il lavoro delle Soprintendenze è spesso un freno che paralizza il nostro Paese. Il presidente della Regione Toscana sostiene invece che la priorità oggi non è la demolizione di un apparato dello Stato, ma la rigenerazione dei «beni comuni» culturali. E lo afferma in un intervento pubblicato oggi da l'Unità che riportiamo di seguito nella versione integrale (nelle risorse collegate il file pdf dell'articolo).
 
La Soprintendenza non è un'ostruzione
 
di Enrico Rossi
Giovanni Valentini ha definito i pareri e le prescrizioni delle Soprintendenze come una «paralisi della conservazione» che imbriglia il patrimonio e«incatena» il Paese. Si tratta di una valutazione parziale che fa luce e ombra assieme, considerando la tutela solo come ostruzione burocratica e non come condizione per la custodia del patrimonio nella successione dei secoli.
 
Questo ovviamente non ci impedisce di vedere e analizzare i problemi e le conseguenze di una disciplina resa di difficile attuazione dalla frequente incertezza dei dispositivi, dai conflitti di competenza e dall'assenza di innovazione. La priorità però oggi non è la demolizione di un apparato dello Stato ma la rigenerazione dei «beni comuni» culturali come base per uno sviluppo sostenibile. Beni come il paesaggio. Legati a processi dinamici che non dipendono solo dallo zelo dei soprintendenti ma dal «contratto sociale» e dai comportamenti collettivi.
 
In Toscana grazie al lavoro dall'assessore regionale Anna Marson e di una squadra di giovani tecnici appassionati abbiamo predisposto un piano paesaggistico che mette ordine in una materia frastagliata e persegue il governo, la semplificazione e la rapidità delle soluzioni. Il governo del territorio e del paesaggio, toscano come italiano, deve tener conto di una strategia di protezione ambientale a più livelli di responsabilità: lo sviluppo urbano sostenibile previsto dalla Ue, la Convezione Europea del 2000 e i piani di gestione dei siti Unesco e infine il Codice dei beni culturali e del paesaggio del 2004.
 
I principi ispiratori generali di questa strategia che noi abbiamo condiviso a pieno sono la «sussidiarietà» e il «bene comune». Gli enti locali oggi faticano a governare il territorio non a causa dei vincoli ma perché sono stretti dalla morsa del debito e delle emergenze economiche. Noi proviamo a uscirne fuori con questo strumento. Mentre con il «bene comune» operiamo una scelta di lungo periodo che lega economia, cultura e ambiente.
 
Sono quattro i punti del piano che vanno evidenziati e che ne rivelano il carattere produttivista. Anzitutto la revisione dei «vincoli per decreto» con lo scopo di limitare la discrezionalità delle autorità competenti e ridurre i passaggi burocratici. Noi li abbiamo discussi e chiariti d'intesa con il Ministero e le Soprintendenze. D'or in poi tutto sarà più semplice e regolato in modo da evitare gli arbitri. Poi la traduzione in atto della legge Galasso, sinora troppo astratta e limitata alle percentuali da vincolare, ma priva di una precisa georeferenziazione, di un'effettiva applicazione sui territori. Quindi la condivisione semplificata delle linee di indirizzo perla tutela del paesaggio con i Comuni.
 
E infine il piano di rigenerazione delle aree degradate che potrà costituire lo strumento per attrarre investimenti immobiliari e infrastrutturali oggi effettivamente ostacolati da vincoli desueti. Il Piano Paesaggistico riduce i costi e offre un servizio sussidiario; promuove lo sviluppo delle attività produttive e previene i rischi di dissesto e alterazione ambientale. I mutamenti climatici, le alluvioni e le frane hanno messo a rischio i sistemi economici locali, le finanze pubbliche e la sicurezza dei cittadini. Il paesaggio che appare statico e cristallizzato è un ecosistema fragile. I muri a secco, i corsi d'acqua, gli argini, i fossi, le colture sono parti di un organismo vivente. In Toscana la natura che ci identifica è stata generata dal paziente lavoro di popoli contadini e dalla sapienza delle bonifiche e dei rimboschimenti granducali. In questo senso i vincoli non sono limiti ma politiche di sviluppo del turismo, dell'edilizia e dell'agricoltura.
 
Se è la bellezza che richiama il mondo in Toscana, essa va preservata. Se la qualità del suolo, dell'aria, dell'acqua e il clima determinano la bontà dei nostri alimenti gustati in tutto il mondo, essi vanno tutelati. La filiera corta, l'agricoltura biodinamica non sono capricci della post-modernità ma consuetudini millenarie che rendono ancora possibile l'associazione immaginifica tra Toscana, ben vivere e bellezza.
 
«Questa è la terra - diceva Calamandrei - dove ci par che anche le cose abbiano acquistato per lunga civiltà il dono della semplicità e della misura».