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6 dicembre 2016
17:08

Studiare e lavorare insieme, con l'apprendistato si può. A Firenze iniziativa su scuola e lavoro

FIRENZE - Non si potrà più dire "smetto di studiare e vado a lavorare". E' una battuta. Ancora non è proprio così: la 'rivoluzione' è nella sua fase di avvio e rodaggio, la possibilità deve ancora farsi conoscere appieno. Ma già oggi si può studiare lavorando e lavorare imparando, con un contratto ad hoc e un percorso formativo calato quasi su misura. Lo si può fare alle superiori, ma anche all'università, durante un dottorando o un master. Per le imprese ci sono sgravi contributivi e

fiscali, lo studente riceve uno stipendio. "Ma il valore dello strumento

va oltre la somma dei due vantaggi" sottolineano unanimi la vice presidente e assessore all'università, Monica Barni, e l'assessore all'istruzione, Cristina Grieco.

 

L'apprendistato formativo, che esiste da tempo ma era diventato un po' un panda in via di estinzione, è tra le opportunità che più attenzione hanno richiamato stamani all'Obihall di Firenze, dove di una nuova alleanza per avvicinare scuola e mondo del lavoro appunto si discuteva.

L'iniziativa l'ha organizzata la Regione.

 

Tutti più o meno conoscono il classico apprendistato professionalizzante, porta di ingresso nel mondo del lavoro. Quello formativo o di alta ricerca è qualcosa di diverso e nuovo: uno strumento

tutto sommato abbastanza poco conosciuto ancora, dall'anno scorso sburocratizzato e semplificato e riproposto con l'ambizione di riempire il vuoto che esiste e che lamentano i giovani ma anche le imprese. Se ne è parlato accanto all'alternanza scuola-lavoro, con l'Italia che chiaramente si è ispirata al modello tedesco ma ha provato a declinarlo in un contesto diverso, come quello italiano e toscano, con lezioni in aula e pratica nelle imprese (dai licei ai professionali). E pure di

istituti tecnici superiori si è parlato : gli Its, sette in tutta la Toscana, un'esperienza che vede compartecipare aziende e organismi formativi nei settori più dinamici dell'economia regionale ed offre un percorso di due anni ai diplomati, alternativo all'università, con un'occupazione quasi certa e quasi per tutti entro sei mesi.

 

La necessità di abbattere quel muro che separava scuola e lavoro sta in tre numeri e in un paradosso: la disoccupazione giovanile che vola attorno al 35 per cento, la dispersione scolastica che pesa per il 17 (almeno in Toscana), due milioni di Neet in tutta Italia (ragazzi che non studiano né lavorano), ma imprese che non riescono a trovare chi assumere perché senza le competenze necessarie.

 

"Dobbiamo partire da qui – sottolinea Grieco, nel suo doppio ruolo di assessore toscano alla formazione e coordinatore degli assessori di tutte le Regioni – Sono numeri che devono indurci a sperimentare nuove strade. Con una convinzione: che lo sviluppo economico e sociale di un paese

dipende dalla quantità e qualità dell'istruzione dei cittadini, che però non è solo quella dei licei o più in genere quella fatta a scuola".

Con un'avvertenza: "Nessuno di noi pensa che studiare non serva o che si debba creare un percorso di studio per rispondere solo alle esigenze delle imprese – chiarisce Barni – I due mondi, che

finora hanno vissuto dinamiche separate, devono però dialogare meglio e di più. E' qualcosa che non si può rinviare".

 

Per l'università la vice presidente propone un apprendistato legato soprattutto all'ultimo anno di corso e dopo un certo numero di crediti già raggiunti. "Nei master è più facile – dice -, occorre lavorare perché si diffonda nelle lauree triennali e magistrali. Ed occorre anche vigilare che davvero di apprendistato o alternanza scuola-lavoro si tratti".

 

Sul palco, mentre Elisa e Raffaella traducono tutto nel linguaggio dei segni, le scuole raccontano quella che è la loro esperienza, fatta di 'apprendistato ma anche alternanza scuola-lavoro. Parla il preside dell'agrario di Firenze, che spiega come ci possano essere percorsi differenziati per chi non ha difficoltà a scuola e chi invece ha più difficoltà". "La pratica - dice - può migliorare il rendimento, sempre, o a aiutare a capir meglio la teoria, magari vista a monte e non a

valle".

 

Anche all'istituto Buontalenti di Livorno le esperienze sono simili. Tre ragazzi dell'istituto Cellini di Firenze – Giovanni, Jacopo e Sebastian - provano a spiegare le nuove frontiere dell'apprendistato e

dell'alternanza scuola-lavoro con un video. C'è spazio anche per la scommessa deli Its delle eccellenze agroalimentari di Grosseto e dei superyacht di Viareggio, con corsi per tecnici di filiera e marketing, capitani e responsabili degli allestimenti. "Quel che offriamo – dice

Fabrizio Tristarelli - è un posto di lavoro sicuro ". Ma anche una rimotivazione.

 

Sul palco si parla più volte di rivoluzione culturale: da parte della scuola, "che deve credere di più nell'educazione", e da parte delle imprese, che devono imparare a dare più valore al lavoro e a quello che l'educazione porta sul lavoro. "L'innovazione – dice Barni – si fa con educazione e ricerca".

 

E' d'accordo anche il sottosegretario Luigi Bobba, intervenuto all'inizio della mattinata: "il lavoro ha una dimensione educativa, non si può ridurre a mero strumento di reddito".

 

In una giornata tutta europea, il ragionamento non poteva che concludersi guardando al resto dell'Unione. "La Svezia vive problemi simili all'Italia – risponde Cinzia Masina, della Dg Occupazione della Commissione europea – In Danimarca non si trovano invece imprese sufficienti per gli apprendisti. Stiamo anche lavorando per favorire la mobilità tra un paese e l'altro". Che è un'ulteriore possibilità per i giovani toscani. "Intanto – rilancia l'assessore Grieco – il nostro primo impegno deve essere quello di lavorare per coinvolgere sempre di più le imprese".