23 gennaio 2017
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Vivere nel sospetto, la bambina Rom che diventò ebrea

MAIGULL AXELSON - "Io non mi chiamo Miriam" - IPERBOREA
«Non si può dire tutto! Non se si è della razza sbagliata e si ha vissuto sulla propria pelle l'intero secolo».  La storia che ci racconta Majgull Axelsson arriva dalla Svezia e ti fa capire come per la paura – la paura prima di essere braccata ed uccisa, la paura poi del pregiudizio – si può rinunciare anche a quello che siamo. Come Malika, una bambina Rom che su un vagone piombato durante il trasferimento da Auschwitz a Ravensbruck prende le generalità e i vestiti di una bambina ebrea morta durante il trasporto. Convinta, evidentemente, che un'ebrea avesse meno possibilità di morire di una Rom. Così da Malika diventa Miriam e lo rimarrà, nel silenzio e soffocando ricordi, rimorsi e il dolore per gli affetti perduti, per settanta anni, fino a quando all'ottantacinquesimo compleanno deciderà di rivelare la sua vera identità.  «Io non mi chiamo Miriam», dirà di colpo di fronte al bracciale con il nome inciso che le ha regalato la famiglia.

Malika era diventata Miriam per sopravvivere, e per paura di essere esclusa, abbandonata a se stessa, o per un disperato desiderio di appartenenza aveva sempre continuato a mentire, anche quando fu accolta calorosamente nella Svezia del dopoguerra, dove i rom, malgrado tutto, erano ancora perseguitati. Un libro che ci parla in fondo del sospetto verso l'altro, che purtroppo ancora appartiene ai nostri giorni.