Editoria
7 giugno 2023
11:14

"La libraia di Stalino" a palazzo Sacrati Strozzi. Giani: la narrativa toscana fa scuola.

 

Il 18 dicembre 1941 sotto i portici di piazza della Repubblica, allora piazza Vittorio Emanuele, i passanti giravano attorno ad un grande gabbione di legno pieno di lepri, fagiani e starne: era il “ceppo” dei cacciatori fiorentini da inviare per le feste di Natale ai soldati in guerra.

Lo stesso giorno il capitano Bruno Arcieri, assieme alla sua Elena, attraversava la stazione di Santa Maria Novella verso il binario del treno diretto a Roma, prima tappa del viaggio che doveva portarlo a raggiungere il contingente italiano delle truppe inviate per sostenere l’invasione nazifascista dell’Unione Sovietica.

La cronologia esatta degli avvenimenti, la descrizione delle strade, dei quartieri e della vita quotidiana della città sono il modo che lo scrittore fiorentino Leonardo Gori adopera per dar vita al personaggio di Bruno Arcieri anche nella sua nuova prova letteraria, “La libraia di Stalino” edito da TEA Libri, presentato a palazzo Sacrati Strozzi dall’autore assieme al presidente Giani, al giornalista Marcello Mancini, allo scrittore Marco Vichi, creatore del popolare personaggio del commissario Bordelli ed al pittore Francesco Chiacchio che ha realizzato l’illustrazione della copertina del volume. Un contesto tutto toscano che introduce uno “stile” altrettanto toscano di letteratura che sarebbe riduttivo confinare al genere “thriller”.

Come sottolinea Gori, “Punto di partenza, ritorno, passaggio o momento di vita, Firenze è sempre un “personaggio” delle storie del capitano Arcieri, che nel suo lavoro di funzionario del Servizio di Informazioni Militari ha molte città di riferimento come Roma e Milano. Nella narrazione Firenze non diventa mai uno scenario “suggestivo” da usare per facili ambientazioni ma è “casa”, il posto dove vorrebbe ritornare, il luogo non facile di nascita e formazione che diventa una sorta di rifugio con poche certezze, molte contraddizioni, forti contrasti e di incontri, a volte casuali, in certi casi professionali, con la figura del commissario Bordelli.

“Gori, assieme a Vichi – aggiunge Giani – con i loro romanzi, conosciuti a livello internazionale dove l’indagine ed il ”noir” vivono in dettagliate ricostruzioni storiche che raccontano momenti importanti della storia italiana, stanno creando in Toscana una corrente letteraria d’eccellenza per la letteratura di genere, dove la qualità della narrazione rivela aspetti politici, civili ed umani che danno spessore e valore alla lettura”.

Firenze come spunto, riferimento interiore e affettivo, come il villino di Elena in via Scipione Ammirato, per avvenimenti che si svolgono in Ucraina e a Stalino, importante centro per la produzione d’acciaio e conosciuta oggi con il nome di Donec'k e nella sua translitterazione anglosassone “Donetsk”, dal nome del fiume che la attraversa.

“La libraia di Stalino” è un incrocio involontario, pensato e iniziato dall’autore tre anni fra, la tragica cronaca di questi giorni e un passato non troppo lontano dove la guerra è un denominatore comune e la narrazione descrive l’indagine del capitano, inviato in una missione dedicata ad individuare una spia inglese ed i codici di trasmissione di informazioni militari riservate divulgate in Unione sovietica in uno scenario dove trovano spazio tutti gli orrori e le miserie umane, nello scenario gelido e spietato di un conflitto che non risparmia nulla e nessuno ed è la cifra distintiva del racconto.

Marco Vichi, conosciuto oggi anche dal pubblico dei lettori anglosassoni con la traduzione in lingua inglese del ciclo dei suoi romanzi dedicati al commissario Bordelli, lo definisce “un romanzo appassionante, commovente e fatto di scrittura intensa e umanamente “calda” immersa nell’ambientazione “fredda” dell’inverno ucraino, dove le pagine raccontano solitudini che convivono e cercano di compensare il dolore con il sentimento della condivisione e della vicinanza”.

Nel dodicesimo episodio del ciclo dedicato a Bruno Arcieri, che nel 2005 con “L’ Angelo del fango” è valso a Leonardo Gori il Premio Scerbanenco dedicato alla narrativa di genere noir, l’autore prosegue lo sviluppo del suo personaggio completandolo con nuovi elementi ed arricchendone il profilo ed il percorso umano e personale con dettagli e rimandi presenti nei romanzi ambientati in anni successivi, come “Quella vecchia storia” dove la trama si dipana nel 1970. Fedele a se stesso e sempre diverso nel corso del tempo e dei fatti vissuti il capitano Arcieri, a modo suo, segue le tracce di una Firenze, di una Toscana e di un mondo che cambia profilo e carattere raccontandone una storia sempre diversa, particolare e lontana da ogni convenzione.