Cultura
Tutta la Toscana
14 febbraio 2020
7:00

Viaggio sul confine 'difficile', Barni: "Nessun negazionismo. Coinvolte associazioni esuli"

La replica della vice presidente della giunta regionale alle accuse del parlamentare toscano Donzelli

"Donzelli non si smentisce. Come quando era in Consiglio regionale, non legge i programmi e non approfondisce. Dice che abbiamo organizzato il viaggio sul confine orientale senza coinvolgere le associazioni degli esuli, ma è esattamente il contrario". Così replica alle accuse del parlamentare toscano la vice presidente della giunta regionale Monica Barni, in questi giorni con cinquanta ragazzi e venticinque insegnanti in provincia di Trieste e Venezia Giulia.

"Abbiamo contattato e coinvolto da subito le associazioni degli esuli. Ad ottobre siamo anche andati nel quartiere Giuliano dalmata di Roma, per un seminario. Nel viaggio di questi giorni abbiamo poi ascoltato, insieme agli studenti, le voci degli esuli e le abbiamo raccontate. Abbiamo incontrato gli storici, come Cecotti, e i profughi come Livio Dorigo o Piero Del Bello. Abbiamo visitato il Magazzino 18, simbolo di un esodo doloroso, e i campi di Gonars, dove invece furono internati, prima, sloveni e croati.. Siamo stati a Basovizza. Visiteremo Fiume e Laterina". Insomma un viaggio poliedrico, sul filo delle tante memorie di un confine 'difficile'.

Celebrare il Giorno del Ricordo vuol dire raccontare non solo le foibe del resto, ma la complessità di queste terre. "Lo dice la legge, nazionale, che l'ha istituito,, - prosegue Barni - e a questo spirito si rifà il progetto toscano..Forse Donzelli lo dimentica. Di sicuro il viaggio e progetto toscano non può essere tacciato di operazione negazionista".

L'obiettivo era ascoltare tutte le voci, quelle da una parte e dall'altra del confine, provando ad attraversare anche i rispettivi confini. "I numeri delle foibe sono noti e crimini rimangono - conclude la vice presidente - ma la motivazione di quelle violenze, quelle che si verificarono nel 1945, pur ugualmente da condannare, fu essenzialmente politica e ideologica. Lo ha ricordato, in questi giorni, pure Il presidente del Comitato per le vittime delle foibe Paolo Sardos Albertini". Il 10 febbraio a Basovizza ha sottolineato che a morire per mano dei partigiani di Tito furono anche sloveni e croati, non solo italiani. Parlare di pulizia etnica nei confronti degli italiani, anche per lui, è dunque storicamente scorretto. Fu un'azione dettata da motivazioni politiche.