Cultura
Tutta la Toscana
13 febbraio 2020
3:03

Viaggio sul confine 'difficile', l'importanza di raccontare la memoria anche quando scomoda

Il secondo giorno dei ragazzi toscani inizia a Gonars: campo per slavi e campo per profughi

Viaggio sul confine 'difficile', l'importanza di raccontare la memoria anche quando scomoda
Gli ossari degli internati sloveni e croati nel sacrario di Gonars

Tre passi sono necessari per la riconciliazione; e un confine difficile, come è stato quello orientale italiano, ha bisogno di riconciliazione. Quei tre passi li metteva in fila nel 2010 lo storico Raul Pupo: il primo è il riconoscimento della memoria altrui, il secondo è il rispetto delle memorie sofferenti. Il terzo passo, forse il più importante, riguarda la purificazione della memoria, che poi vuol dire semplicemente la disponibilità a considerate anche i lati oscuri della propria memoria. E' il dovere della memoria, anche quando è scomoda. Come quella dei campi fascisti per internati slavi, di Gonars ad esempio. Come quella dell'assimilazione forzata, che gli italiani provarono ad imporre tra le due guerre e sloveni e croata dopo il 1945.

Chiamala “complessità della storia”, a cui bisogna abituarsi ed imparare a leggere. Chiamalo spirito critico e confronto delle fonti, di cui in tanti hanno invitato i ragazzi a fare incetta. Chiamalo approfondimento. Ma è quella la vera chiave di volta. Ed è su questa architrave che si costruisce il viaggio toscano della Regione a Trieste, Gonars, Basovizza, Redipuglia, Fiume e Pisino (e poi al ritorno Laterina e Renicci di Anghiari, in Toscana): un viaggio nella memoria, mai facile, attraverso una città come Trieste dove lingue e culture diverse convivevano (ma dove nacque anche il “fascismo di confine”), attraverso i luoghi delle foibe, tra campi di prigionia italiani per internati slavi e campi profughi di esuli istriani e dalmati.

Il secondo giorno sul confine 'difficile' dei cinquanta ragazzi e venticinque insegnanti toscani inizia a Gonars, paesino in provincia di Udine. E comincia con una doppia storia, come spesso accade da queste parti. La racconta Giancarlo Ferro, esule istriano sia pur nato a Gonars: la mamma però lo teneva già in grembo quando nel 1948 arrivò con il marito da Albona.

A Gonars l'Italia fascista aveva costruito un campo di prigionia per slavi ed alcuni fuggirono, nell'agosto del 1942, in modo clamoroso scavando come topi un galleria sotto le baracche. Ma nello stesso campo (ed è la seconda storia), finita la guerra trovarono accoglienza i profughi e esuli italiani fuggiti dall'Istria e dalla Dalmazia.

Dove sorgevano le baracche ed oggi non c'è più niente il Comune ha di recente posto quattro steli di pietra che incorniciano altrettanti mosaici che non sono nient'altro che i disegni realizzati dagli artisti che lì, erano stati reclusi assieme ad intellettuali, insegnanti ma anche operai, artigiani e studenti. tutti coloro insomma che venivano considerati come potenziali oppositori.

E' nel minuscolo cimitero del paese invece che jugoslavi ieri e sloveni e croati oggi ricordano gli internati deportati dagli italiani dopo l'occupazione nell'aprile 1941 della Jugoslavia. Ventitremila persone dalla Slovenia furono deportati nei campi di tutta Italia e settemila non torneranno dopo essersi ammalati

Il sacrario è un imponente monumento in acciaio a forma di fiore. Fu costruito dal governo di Belgrado nel 1973, due anni prima del trattato di Osimo che rese definitive le frontiere tra Italia e Jugoslavia sancite di fatto con il memorandum di Londra del 1954. Ospita due cripte semicircolari con le spoglie di 471 croati e sloveni morti nei campi da internati, 410 riesumati proprio nel campo santo del paese (gli altri, deceduti in ospedale, a Palmanova), settanta bambini di meno di un anno; e le targhette sugli ossari con la grande stella rossa, alcune consumate dal tempo ed altre rinnovate, raccontano di una frequentazione ancora assidua.

Tutto iniziò nella notte fra il 22 e il 23 febbraio del 1942, quando la città di Lubiana venne completamente circondata da filo spinato e tutti i maschi adulti arrestati e sottoposti a controlli. Stessa sorte subirono in breve anche le altre città della "provincia". Proprio da Lubiana arrivarono la maggior parte degli internati del campo di Gonars, almeno all'inizio, poi anche dalla colline sopra fiume: seimila, più del doppio della capienza, nell'estate addirittura diecimila, tanto che ben presto si crearono casi di dissenteria ed epidemie che assieme all'alimentazione a volte insufficiente fecero le prime vittime.