Diritti
Tutta la Toscana
10 dicembre 2021
19:00

Le disuguaglianze crescono su stereotipi che passano inosservati 

La Regione parla ai ragazzi nel giornata che ricorda la firma della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Livia Turco: "La mobilitazione sociale ha aiutato a conquistarli"

Le disuguaglianze crescono su stereotipi che passano inosservati 

Pregiudizi e stereotipi. E un insegnamento: che spesso per difendere i diritti occorre mobilitarsi e scendere anche in piazza, con la forza delle idee. Si parla di disuguaglianze (e in particolare di disuguaglianze di genere) quest’anno a Firenze il 10 dicembre. Il meeting che si ripete da venticinque anni è l' occasione per riflettere con i ragazzi delle scuole di quelle pari opportunità affermate nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948  ma ancora oggi non riconosciute: spesso nei fatti, tante volte neppure a parole.  Appoggiato sul palco, non a caso, c’è un disegno che ritrae Patrick Zaki, lo studente egiziano dell’università di Bologna incarcerato (e torturato)  per ventidue mesi in spregio a più diritti ed ora liberato, e intervengono in video due giocatrici di calcio afgane del Bastan fc di Herat, in fuga dal regime talebano ed accolte in Toscana dal Cospe, associazione attiva nella cooperazione internazionale.

Quattro ore di racconti e confronto: un po’ in presenza (nella platea dell’auditorium di Santa Apollonia due classi di Pontassieve) e un po’ in streaming e da remoto con le ausilio della tecnologia, come la pandemia da un anno e più a questa parte ci ha abituato a fare, con diciassettemila studenti delle scuole superiori iscritti alla vigilia dell'evento. 
  
E proprio dai pregiudizi e dagli stereotipi il discorso parte e alla fine torna, passando nel mezzo in rassegna violenze e discriminazioni quotidiane patite dalle donne, il diverso peso dei due sessi in politica o la vergogna per il proprio corpo che nasce e si nutre di preconcetti su ciò che è bello (e buono) e ciò che è brutto (e cattivo), oggi nella pubblicità e ieri nelle fiabe. Chi in fondo ha mai visto un principe azzurro che non fosse atletico e aitante?

Si parla  ai ragazzi di carriere asimmetriche, di lavoro familiare mal distribuito e di differenze salariali. Tutte cose da combattere. Ma è proprio dai pregiudizi e dagli stereotipi, ricorda la sociologa Chiara Saraceno, che dovrebbe iniziare la battaglia contro le disuguaglianze. Perchè da lì tutto discende. Lo si dovrebbe fare indignandosi degli uni e degli altri, ma anche mobilitandosi e scendendo in piazza: perché, sottolinea stavolta la ex parlamentare, ex ministro e presidente della fondazione “Nilde Iotti” Livio Turco, è proprio “grazie ai grandi movimenti sociali che si sono fatti passi in avanti: in Italia sulla legge per il divorzio ad esempio, sul diritto di famiglia, sulla riforma del welfare o la parità nel lavoro”. Un invito alla mobilitazione, per amore dei diritti. “La politica – ricorda ai ragazzi – appartiene infatti ai cittadini e dunque anche a voi e dovete essere protagonisti di grandi battaglie sociali per modificare il futuro”. 

Quello dei pregiudizi è un refrain che si ripete più volte in poche ore. Grazie a loro le disuguaglianze vivono e sopravvivono.  Sono come l’acqua, racconta in un coinvolgente monologo l’attrice Gaia Nanni: uno dei setti interventi teatrali di cui è protagonista nel corso della mattinata. I pregiudizi si infiltrano nei pensieri e bagnano tutti, allagano e fanno marcire. Sembrano parole innocue. Si camuffano da stereotipi e così spesso ci si sorvola sopra.  Ma dietro alle parole si nasconde un pensiero pesante e ci vuole forze di volontà e lavoro su stessi per liberarsene una volta che si è contagiati. E sono proprio quegli stereotipi, “mai irrilevanti  - ammonisce di nuovo Saraceno -, che diventano  alla fine gabbie in cui gli altri ci rinchiudono e noi stessi ci infiliamo”, “limitando così il pieno sviluppo delle capacità di ciascuno”. Un muro più forte per le donne ma che riguarda anche gli uomini: “tutti instradati fin dalla nascita in un sistema di aspettative, valutazioni ed opportunità precostituite” che li imbriglia.    

Le disuguaglianze si raccontano con le storie e si misurano con i numeri.  E durante la mattina non mancano neppure quelli, pesi come macigini. Che una donna su tre nel mondo sia vittima di violenze dà i brividi: un dato, fornito dal Parlamento europeo, che durante lockdown e pandemia è anche peggiorato.  Colpisce non di meno che, su 108 città capoluogo di provincia in Italia, solo sei siano guidate da sindache. Che dire delle donne entrate in magistratura in Italia solo nel 1963: nella Costituente fu affrontato il tema, subito liquidato perché ritenute “troppo emotive”. E così fu loro negato un diritto: fuori dalla magistratura e chiuse in casa. Oggi qualcosa è cambiato: il 48 per cento del sesso femminile lavora. Ma  non si può dire che l’Italia  sia un modello da questo punto di vista: numero ancora bassi tutto sommato e poi il lavoro familiare rimane molto asimmetrico (anche quando le donne sono occupate) E questo le sfavorisce sul mercato del lavoro.  

“Mancano politiche che sostengano non solo l’occupazione femminile, ma che favoriscano la divisione del lavoro” rimarca la sociologa Saraceno. Si dà per scontato che le donne abbiano la responsabilità della cura della casa e della famiglia, dice, e si torna dunque punto e accapo agli stereotipi. Come quelli che si nascondono in frasi d’uso comune quali “non fare la femminuccia” o “tira fuori le p*”. Indizi di stereotipi, come quelli raccontati nel corto di sette minuti “Mi piace spider-man e allora?” da Federico Micali: dove sta infatti scritto che una bambina debba indossare per forza uno zainetto da principessa e non la cartella dell’uomo ragno?

La strada, si intuisce, è ancora lunga, irta di tante barriere invisibili, anche se qualcuna quei tetti di cristallo li ha superati, come Maria Chiara Carrozza, prima presidente donna del Cnr, il Consiglio nazionale delle ricerche.  Un'altra donna ospite, Agnese Pini, è la prima giornalista in 160 anni a sedere sulla poltrona di direttore de la Nazione.  Il meeting intanto prosegue e prova a tracciare la rotta: dal vivo in Santa Apollonia e in streaming nel resto della Toscana. 

Elisa Baciotti di Oxfam, la confederazione di Ong che combatte povertà e ingiustizia nel mondo, spiega il percorso fatto anche quest’anno nelle scuole. Poco prima gli studenti dell’Isis Einaudi Ceccherelli di Piombino, dell’istituto comprensivo di Anghiari e Monterchi “Leonardo da Vinci”  e del liceo scientifico Vallisneri di Lucca avevano presentato i loro video e lavori.  

E’ il momento, con l’associazione “Belle di faccia”, della grassofobia: una discriminazione fondata ancora sul pregiudizio di ciò che è bello e ciò che è brutto e che diventa violenza psicologica. Quasi come se avere qualche chilo in più possa essere una malattia o, ancor peggio, qualcosa di cui vergognarsi.  

Sul palco arriva Isabella Mancini dell’associazione Nosotras e si parla di matrimoni forzati e di segregazione culturale.  Gaia Nanni evoca, con la parole e i gesti, la tragedia di Samam Abbas, diciottenne di origini pakistane che viveva in Italia e che è stata uccisa (uno delle tante) perché al matrimonio imposto dalla famiglia si era ribellata. E’ successo ad aprile di quest’anno e il corpo non è mai stato ritrovato. 

Dalla segregazione al femmicidio il passo è breve. Ne parla la presidente della commissione parlamentare appositamente costituita, Valeria Valente.  “La violenza sulle donne non è mai un raptus improvviso: non arriva mai a ciel sereno” ammonisce. Diffidate di chi racconta il contrario.  Diffidate di chi dice che "in fondo se l'è cercata", di chi cerca una giustificazione e prova a spostare la colpa altrove.  E con le queste parole, che riportano al pregiudizio e allo stereotipo spesso radicato in noi in modo inconsapevole, il meeting si conclude.