«Dio non ha bisogno di essere difeso, ma che noi si viva in pace». Il messaggio di Ibrahim Shamseddine, presidente del Centro culturale e sociale islamico di Beirut arriva dalla tormentata terra libanese, dove una nutrita forza delle Nazioni unite, di cui fa parte un consistente contingente militare italiano, svolge un ruolo di interposizione assicurando un equilibrio politico precario.
Come si fa a tenere insieme nella libertà un paese in cui la costituzione stessa regola la convivenza di 18 confessioni religiose diverse?. «La convivenza è difficile ma il Libano è un buon esempio risponde Shamseddine alla provocazione di Gad Lerner In realtà in Libano non ci sono mai stati problemi di origine religiosa, ma politica. E la politica che distrugge la religione. Se si lascia fare alla gente si vive benissimo insieme. Ma un modello come quello iraniano sarebbe mortale per il Libano».
In Libano la convivenza è realtà, ma realtà precaria, di cui il generale comandante della Brigata Paracadutisti della Folgore Maurizio Fioravanti è testimone protagonista. «Il Libano dice luomo in divisa è un paese straordinario, e moltissimi giovani libanesi sono oggi a studiare nelle nostre università. In questo mosaico complesso noi cerchiamo di intervenire dove cè bisogno, per aiutare e ricostruire. La Regione Toscana fa la parte del leone con numerosi progetti. Cè una grande Italia solidale presente in Libano e in tanti altri paesi del mondo in difficoltà». Ma la sindrome della precarietà della convivenza sta purtroppo coinvolgendo anche il nostro paese: «Il modello toscano che oggi qui stiamo vivendo è costretto ad ammettere dal palco il professor Alberto Melloni è fragilissimo. Su nel nord la sensazione è quella di ballare su una polveriera. Altro che società liquida, la nostra è una società tagliente, contundente, in giro cè una grandissima voglia di odio». Il professor Melloni mette in guardia: attenzione, il lavoro da fare per la convivenza è ancora tanto e forse non finisce mai.
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