Cultura
Firenze
28 giugno 2022
18:27

“Il morso della storia”: politica, cultura e passioni nell’antologia di Giovanni Pallanti

Il libro presentato in Regione dal presidente Giani 

“Il morso della storia”: politica, cultura e passioni nell’antologia di Giovanni Pallanti

Ci sono fatti, avvenimenti, cronaca e molto altro nelle pagine del “Morso della storia” edito da Leonardo Dè Medici, presentato nella Sala Pegaso di Palazzo Strozzi Sacrati dall’autore assieme al professor Giovanni Ballini e Franco Camarlinghi, editorialista del Corriere fiorentino, che raccontano un percorso politico e personale mai banale o adagiato sulla facile polemica.

Giovanni Pallanti, anni di cultura e politica vissuti e visti da Firenze e dalla Toscana, pieni soprattutto, nelle parole di Eugenio Giani, “di persone e di incontri, di impegno istituzionale e di un modo unico di interpretare e le vicende del suo tempo con una visione ampia che descrive una stagione non solo politica, ma artistica e letteraria, con il desiderio di offrirne un punto di vista diverso e sempre guidato da uno spirito di onestà intellettuale che niente ha concesso al facile schierarsi per conformismo o disciplina di partito.”

Pierluigi Ballini descrive le sue pagine come “la bussola che offre la chiave del pensiero e dell’azione politica di Giovanni Pallanti e delle sue idee e preferenze in tutte le discipline, dalla fotografia alla storia dell’Arte, che ne disegnano posizioni e riferimenti nel suo modo di guardare Firenze e il mondo”.

Ragionamenti critici e riflessioni su un tempo che Pallanti vive e guarda misurandolo, come sottolinea Franco Camarlinghi, “ con il desiderio di libertà, indipendenza di giudizio e senso critico che testimonia come fare politica non possa prescindere dalla profondità della formazione culturale che è la base del senso della storia e dell’impegno civico”.

“Il morso della storia” tocca in trentotto diversi momenti di riflessione, che definire “paragrafi” è riduttivo, alcuni dei personaggi chiave della cultura fiorentina e Toscana, da Ottone Rosai ad Ettore Bernabei, protagonista del giornalismo cittadino nell’immediato primo dopoguerra e poi della politica culturale che sarà la base ideale della nascita e dell’evoluzione della televisione pubblica in Italia, ai ricordi di Alessandro Parronchi e alle riflessioni su avvenimenti storici: l’elezione di Joe Biden a presidente degli Stati Uniti, un profilo di De Gasperi per nulla convenzionale, la Brexit, Sergio Zavoli e il senso del suo far cronaca e informazione. E poi La Pira, Don Primo Mazzolari e appunti di storia della Chiesa toscana del novecento.

E George Simenon, o il commissario Maigret, che forse sono la stessa persona: l’uomo delle istituzioni grande, grosso, con mani forti, di poche parole, grandi silenzi e silenziose arrabbiature, che arriva dove c’è da risolvere casi polizieschi senza idee preconcette e, spesso, senza nessuna idea. Maigret parla con le persone, siede nei bar, cammina lungo le strade, ascolta i rumori dei cantieri, vuole conoscere il carattere dei posti che frequenta e delle persone che incontra per farsene un’opinione personale che lo porti più vicino possibile alla realtà dei fatti. Un ricordo non casuale di un personaggio letterario conosciuto, particolare, discusso, ma sempre rispettato.