Editoria
20 dicembre 2023
11:58

“Strage al Masso delle Fate”, Resistenza, arte, cultura dal 1933 alla Liberazione di Firenze

“Strage al Masso delle Fate”, Resistenza, arte, cultura dal 1933 alla Liberazione di Firenze

C’è la Firenze dei ventisette treni speciali pieni di camicie nere che nell’ottobre del 1933 viaggia verso Roma per assistere all’incontro di pugilato di Primo Carnera, icona sportiva del fascismo e c’è quella che si ritrovava nelle stanze delle Giubbe Rosse, il locale in piazza Vittorio Emanuele II, oggi della Repubblica, che Alberto Viviani, nelle parole di Marinetti “il più giovane poeta futurista fiorentino”, descriveva menzionando le due vetrate, una chiusa ed una che serviva da ingresso, “sormontate da un fregio in legno massiccio con un angiolo ghiotto di birra, sotto una grande scritta: "Reinighaus”.

Un locale ben descritto dalle strofette della rivista Lacerba "Giubbe Rosse è quella cosa che ci vanno i futuristi, se discuton non c'è cristi, non puoi più giocare a dama".

Un mondo che negli anni trenta iniziava già ad invecchiare e prepararsi alla tragedia della seconda guerra mondiale.

C’è questo e molto di più nelle pagine di “Strage al Masso delle Fate” di Nicola Coccia, edito da ETS e presentato a palazzo Strozzi Sacrati dall’autore su iniziativa del presidente Giani e assieme alla giornalista Olga Mugnaini. Il saggio compone, nel racconto storiografico in stile narrativo, quindici anni di pazienti ricerche d’archivio e interviste di prima mano documentando una delle più importanti operazioni partigiane, condotta nel giugno 1944 contro le linee ferroviarie dell’Italia Centrale e restituito con una cronaca viva e puntuale che spazia fra Firenze, Prato, Seano, Carmignano e Poggio alla Malva.

Un episodio che emerge da un passato volutamente oscurato da molti, per ragioni diverse e opposte, e raccontato oggi con i particolari inediti e poco conosciuti.

Il saggio di Coccia ambienta l’azione del Masso delle Fate in un arco di tempo ed in un contesto più ampio, descrivendo con documenti inediti ed episodi di cronaca cittadina dieci anni di una Firenze, dal 1933 alla Liberazione, fatta di anime e atmosfere diverse, dove le cerimonie d’ossequio al regime, mai così “fascistissime” quanto il podestà Venerosi Pesciolini avrebbe auspicato, si intrecciano con i “nuovi” giovani che iniziavano a frequentare le Giubbe Rosse e gli ambienti antifascisti cittadini e toscani: Landolfi, Gatto, Pratolini, Parronchi, Montale, Gadda.

E Ottone Rosai.

Nelle parole di Coccia, “Picchiato dai fascisti in piazza Strozzi come unico testimone nel processo contro un calzolaio, colpevole di esporre in bottega un ritratto di Gaetano Salvemini, la notte dell’otto settembre 1943 Rosai fu malmenato da alcuni militanti comunisti per il suo breve passato fascista che certi ambienti culturali fiorentini non dimenticheranno mai, arrivando a condizionarne la reputazione artistica”.

In realtà Rosai aveva maturato il suo definitivo distacco dal fascismo della “prima ora” subito dopo delitto Matteotti, avvicinandosi gli ambienti antifascisti cittadini fino a diventarne prima uno dei punti di riferimento e poi protagonista attivo della Resistenza armata.

Come lo ricorda Indro Montanelli, “tipaccio”, uomo “scorbutico, aggressivo e litigioso”.

Sono gli anni del vecchio casotto del Dazio a Villamagna e dei dipinti del casone e dell’argine alla Bellariva e poi del trasloco in via San Leonardo, dell’appartamento in affitto in via dei Benci diventato rifugio di Bruno Fanciullacci e di molti altri gappisti e partigiani.

Le pagine di Nicola Coccia descrivono il profondo legame ideale che legava la Resistenza popolare di Bogardo Buricchi, Enzo Faraoni e gli altri protagonisti dell’azione al Masso delle Fate con migliaia di altri partigiani di altre formazioni armate affiancate, in modo diverso, da alcuni fra i protagonisti del giornalismo, della narrativa e dell’arte del dopoguerra, come Romano Bilenchi, scrittore e futuro direttore del Nuovo Corriere di Firenze ed Elio Vittorini, solo per citarne alcuni.

Nei capitoli del libro trovano spazio le cronache delle feroci rappresaglie della banda di Mario Carità nelle stanze di Villa Triste e la morte di Giovanni Gentile, altri momenti della storia di quei giorni.

Sono gli anni che forgiano la cultura, l’arte, la letteratura e l’impegno civile e politico della Firenze e dell’Italia dell’immediato dopoguerra: da conoscere per comprendere tutto quello che verrà dopo.