Diritti
23 gennaio 2016
17:23

Accoglienza dei profughi, Bugli: "Per l'integrazione progetti mirati. Ci aiuterà un software"

FIRENZE - Il modello di accoglienza diffusa dei profughi in Toscana funziona grazie alla collaborazione tra più soggetti: Regione e prefetture, enti locali, privato sociale e terzo settore. "E soprattutto i Comuni sono un tassello fondamentale per farlo funzionare". L'assessore all'immigrazione Vittorio Bugli lo ha ripetuto ieri nel corso di un incontro pubblico organizzato dalla Prefettura di Arezzo al quale erano presenti, oltre al prefetto Alessandra Guidi, anche il collega Mario Morcone, capo dipartimento per le Libertà civili e l'Immigrazione del ministero degli Interni, e molti sindaci, amministratori, associazioni e gestori.

La Toscana tra il 2014 e il 2015 ha ospitato oltre seimilaquattrocento richiedenti asilo. C'è da aspettarsi che con la primavera il flusso riprenda ai ritmi dello scorso anno e tentare inserimenti rapidi e intelligenti per quelli presenti. "Solo però conoscendo la storia e le capacità di questi ragazzi si possono pensare progetti di inserimento seri e concreti  - sottolinea l'assessore -. Abbiamo così pensato che fosse necessario un software per raccogliere il profilo di tutte queste persone e fra un paio di settimane – annuncia – l'avremo disponibile e potremo individuare percorsi idonei di inserimento formativo e lavorativo".

L'inserimento attualmente viene svolto con progetti Sprar (il Sistema di Protezione per Richiedenti Asilo e Rifugiati). In Toscana al momento ci sono 14 progetti attivi della durata di tre anni, che vedono coinvolti 680 cittadini stranieri e sono finanziati dal ministero con un contributo del 10 per cento dei Comuni, che sono anche i soggetti che li presentano. C'è anche aperto un bando nazionale per 10.000 posti riservati ai Comuni che ora non hanno progetti attivi.

"Lo Sprar è lo strumento migliore per l'inserimento - ha detto Vittorio Bugli - ed è auspicabile che molti comuni toscani partecipino al bando del ministero. Per questo, in accordo con l'Anci, abbiamo convocato tutti i comuni e i gestori per il primo febbraio. Non solo. Il modello Sprar potrebbe diventare anche il modello per la futura accoglienza, trattando il profugo fin dall'arrivo con modalità simili. D'altronde ciò che sta succedendo da anni dovrebbe insegnarci che non si deve parlare più di emergenza, ma di una situazione permanente, da affrontare da subito con modalità che guardino già al dopo". 

I Comuni saranno sempre più determinanti e dunque occorre incentivarli. Per farlo l'assessore propone di pensare anche a soluzioni nuove e condivise: una potrebbe essere quella per cui divengono da subito i soggetti che si propongono direttamente per l'accoglienza, gestendo le risorse che provengono dal Ministero, come già ora avviene in alcune situazioni. Per questo servono però modalità nuove che consentano da subito l'avvio dell'inserimento dei profughi.

"E' sempre più decisivo – aggiunge  - che tutti i comuni abbiano strutture di accoglienza sul proprio territorio e questo funziona meglio se i sindaci possono sceglierle ed entrare anche nella lorogestione. La fase in cui siamo non consente di non occuparsi di questo tema".

Bugli ha anche chiesto al Prefetto Morcone di mantenere la disponibilità del Ministero per affrontare insieme questi temi, come è accaduto finora con soddisfazione reciproca. Ha chiesto inoltre di avere una risposta sulla possibilità di adottare l'accoglienza in famiglia come metodo riconosciuto e strutturato, vista la disponibilità che più toscani hanno mostrato e le positive ricadute che avrebbe questo sistema.

L'assessore ha poi toccato il tema dei minori non accompagnati, annunciando presto provvedimenti da parte della Giunta regionale che consentano di affrontare meglio il problema, che rimane il più serio e delicato.

Il modello di accoglienza diffusa toscano è stato tenuto a battesimo nel 2011, quando dopo la "Prima primavera araba" ci fu la prima ondata di migranti: tunisini all'inizio in fuga dal loro paese e poi africani di tutto il continente, che lavoravano in Libia e dalla Libia erano venuti via (talvolta messi a forza sulle barche) quando è scoppiata la guerra. I numeri allora erano diversi e diverse le ragioni. Fino al febbraio 2013 furono accolte mille e ottocento persone: cinquecento tunisini e mille e trecento africani in fuga dalla Libia. Ma il modello toscano è rimasto lo stesso: sì all'accoglienza, ma in piccole strutture distribuite sul territorio e non grandi concentrazioni o tendopoli. Un modello capace di garantire un'accoglienza più dignitosa agli ospiti ma anche una migliore integrazione. Che ora si vuole dotare di nuovi strumenti.