17 gennaio 2019
17:23

Con la voce di Oz (contro il fanatismo)

Credeva nella cultura senza muri Amos Oz ed aveva capito che la piaga del nostro mondo il fanatismo, tanto da scriverci sopra un saggio, accanto a tanti altri libri di raffinata tessitura letteraria: quel fanatismo pericoloso anche quando rimane nei confini di una forma apparentemente civile e non diventa un Male con la "m" maiuscola, una deformazione pericolosa nel modo di guardare al mondo che ci circonda e che si insinua silente un po' dappertutto.

Fanatismo il desiderio di costringere gli altri a cambiare, quell'inclinazione comune a rendere migliore il tuo vicino: i non-fumatori contro i fumatori, i vegetariani contro gli onnivori, i pacifisti contro altri pacifisti. Non che ogni opinione manifestata con convinzione, scriveva, sia una forma di fanatismo. Certo che no. Ma il seme del fanatismo si annida immancabilmente nella rettitudine inflessibile. 

Cos Amos Oz, scomparso poche settimane fa a dicembre, a 79 anni, scrittore e saggista ebraico tra gli intellettuali più influenti e stimati, difendeva il compromesso, che non una capitolazione ma una manifestazione semmai di forza (e saggezza). E di 'forza' certo se ne intendeva, visto che 'oz' in ebraico forza significa e con quel cognome non era nato ma se l'era scelto, quasi a voler enunciare il programma di una esistenza: una vita certo a combattere per Israele ma anche, sin dal 1967, a sostenere (tra i primi) la soluzione dei due Stati per dare pace ai rapporti turbolenti di quell'angolo di Medio Oriente.
Così dove c'è vita, diceva, ci sono compromessi. Amava ricordare che il fine giustifichi i mezzi (qualunque sia il fine) solo una battaglia tra fanatici convinti: che il contrario del compromesso non l'integrità e nemmeno l'idealismo o la determinazione e devozione ma il fanatismo, che il compromesso sinonimo di vita. e che l'altra grande piaga di questo nostro mondo l'indifferenza. 

Apro una pagina di un suo libro. "Accadono tante cose ad ogni angolo di strada leggo - , in ogni coda, in attesa dell'autobus, in qualunque sala di aspetto di un ambulatorio, o in caff Tanta di quella umanità attraversa ogni giorno il nostro campo visivo, mentre gran parte del tempo noi restiamo indifferenti, non ce ne accorgiamo e vediamo ombre invece di persone in carne e ossa".

Ecco, sono le parole perfette anche per questo viaggio. Per accompagnare il Treno della memoria toscano, che vuole insegnare ai ragazzi a non chiudere gli occhi.  Amos sarebbe stato un compagno ideale, ma ci rimane la voce dei suoi libri.   

Lui che nel Giorno della memoria di nove anni fa, nel 2010, gi aveva parlato agli studenti toscani, in ottomila a gremire il Mandela Forum. Il giorno prima aveva ricevuto la laurea honoris causa dall'Universit per stranieri di Siena per il suo impegno nel dialogo interculturale e per la convivenza. E il giorno dopo era venuto a Firenze, dove gli furono consegnate anche le chiavi della città .