23 aprile 2012
7:28

Enrico Rossi e 'Le sfide del territorio'

Pubblichiamo l'articolo di Enrico Rossi "Le sfide del territorio" uscito sulla rivista "ItalianiEuropei".

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Che cosa il territorio? Chi che ci sfida? E di quale portata sono queste sfide? Se non proviamo a sciogliere queste formule talvolta un po' stereotipate in concreti rapporti sociali, economici, culturali fra individui ed organizzazioni in un peculiare ambiente naturale e antropico, rischiamo di far diventare il territorio una sorta di categoria dello spirito oppure, peggio, soltanto oggetto di retorica politica. Questo sembra essere stato il destino dei due poli attorno ai quali si articolata la vicenda politica italiana, antica e recente, la questione meridionale e quella settentrionale. All'interno delle quali si per l'appunto persa ogni specificit e diversit territoriale, ogni specifica identit e qualit in un mitico quanto sconosciuto Nord e in un atavico e presunto immobile Sud. I territori dell'Italia di mezzo sono rimasti schiacciati fra questi due poli, senza un proprio racconto e con una identit sfumata, se non legata alla tradizionale triade turismo-cultura-coesione sociale bloccata in un passato immoto ed avulso da qualsiasi dinamica produttiva. Cos l'Italia di mezzo ha subito nel corso degli ultimi anni di un deficit di rappresentazione e centralit economica e politica. Ecco che invece importante per l'Italia che anche questa parte del paese riesca ad aggiornare il proprio racconto di s , comprendendo ed evidenziando le dinamiche che la hanno caratterizzata, sviluppando le connessioni materiali e immateriali di tipo trasversali e che legano quest'area del paese ad altre parti d'Europa. Insomma un posizionamento strategico nuovo dell'Italia di mezzo che fa leva sulla qualit e l'innovazione dello sviluppo di questi territori e cos affronta le sfide davvero epocali imposte dalla globalizzazione.

Dunque, la prima sfida del territorio quella di valorizzare i nodi della rete, cio le eccellenze del locale, e collegarle in una rete transnazionale, ovvero lo spazio globale. E' qui il senso del progetto del Corridoio Mediterraneo Balcanico che la Regione Toscana sta portando avanti in diverse sedi istituzionali europee: una rete transeuropea di trasporto basata sulle relazioni tra regioni del Mediterraneo Occidentale (porti spagnoli) e la regione dell'Alto Tirreno (Porto di Livorno), sviluppando le Autostrade del Mare e le infrastrutture portuali anche ai fini di una maggiore connessione con il Nord Africa. Dal porto di Livorno, attraverso il "corridoio tirrenico", si sviluppa la connessione trasversale in ambito italiano definita dall'itinerario europeo E78 (Grosseto-Fano), con la regione adriatica, il porto di Ancona, la regione balcanica con la Croazia, la Bosnia, l' Erzegovina, la Serbia e il Montenegro fino alla Romania (il porto di Burgas sul Mar Nero). Sul piano trasportistico, un corridoio di alleggerimento, che non vuole sostituirsi ma porsi in sinergia rispetto ai corridoi strategici come il corridoio 3 "Mediterraneo". Ma prima di tutto una rete infrastrutturale che non indifferente al territorio limitandosi ad attraversarlo e magari a ferirlo. Il trasporto multimodale presenta molteplici potenziali positivi, primo fra tutti una riduzione dei costi e dei tempi di trasporto tra i paesi e le regioni periferiche dell'Europa meridionale e i paesi candidati o che hanno recentemente aderito all'Unione europea. Un altro effetto positivo sar legato al ridimensionamento del binomio centro-periferia del sistema economico europeo, in uno spirito di riequilibrio economico e territoriale dell'Unione Europea. Un sistema portuale mediterraneo pi efficiente rappresenta, infine, un punto di accesso pi funzionale per i paesi del Nord Africa verso i mercati europei e viceversa.

L'infrastrutturazione del territorio oggi una grande sfida perch richiede di governare fenomeni complessi, di trovare equilibri di interessi diversi e spesso contrastanti; avendo la disponibilit ad ascoltare le (buone) ragioni di tutti, soprattutto di chi vive e fa vivere il territorio, ma allo stesso tempo tenendo ferma la propria responsabilit che quella di promuovere lo sviluppo del territorio. Eppure la continua innovazione e il rinnovamento della dotazione infrastrutturale sono le precondizioni di qualunque sviluppo e il rischio dell'immobilismo e delle mancate scelte non pi sostenibile. In terra di Toscana questo significa, ad esempio, costruire un vero sistema aeroportuale integrato fra Pisa e Firenze, superando l'assurda competizione localistica che ha bloccato lo sviluppo di entrambi. E' per questo che Regione Toscana tornata ad acquisire un ruolo societario nell'aeroporto di Firenze, proponendosi come l'unico soggetto che pu dirigere la governance verso una vera collaborazione e integrazione con Pisa e verso lo sviluppo dell'intero territorio regionale. Ma scegliere la strada dell'integrazione del sistema aeroportuale porta con s la decisione altrettanto determinata di migliorare le infrastrutture di adduzione agli aeroporti (penso al progetto People-Mover che collegher la citt e l'aeroporto di Pisa), quelle di collegamento fra le due citt (tanto la linea ferroviaria e i suoi vettori quanto la superstrada Firenze-Pisa.Livorno saranno oggetto nei prossimi anni di importanti interventi), e quelle di collegamento fra la capitale regionale e le altre citt della regione (una fra tutte Siena).

Ma il territorio oggi sfidato dalle dinamiche globali e, parlando di infrastrutture, dobbiamo sapere che il problema non solo (n pi tanto, si direbbe) trasportare persone e cose, bens informazioni. Ed ecco il tema delle infrastrutture digitali, una vera e propria rivoluzione che ci parla di velocit e di capacit certamente (la copertura dell'intero territorio regionale con una fibra a banda larga di capacit e velocit adeguata agli standard europei il nostro principale obbiettivo dei prossimi mesi), ma prima ancora ci dice qualcosa sul tipo di societ e di cittadinanza che immaginiamo per il prossimo futuro e che fin d'ora la Regione impegnata a realizzare: l'accesso ai dati in modo sicuro e aperto (open data), la realizzazione di sistemi di cloud computing attraverso i quali fornire sempre maggiori servizi ai cittadini e garantire spazi sufficienti per tenuta dati e altri servizi alle imprese. L'impostazione della Regione Toscana nell'affrontare la questione della dematerializzazione delle proprie procedure, della conservazione degli archivi digitali e della gestione telematica del flusso delle informazioni, sempre stata quella di una forte integrazione della Regione con gli Enti Locali e le articolazioni della societ toscana, nella convinzione della necessit della correlazione fra le infrastrutture materiali e quelle immateriali e che le infrastrutture ICT producono economie significative e possono contribuire non poco a migliorare la qualit della vita dei cittadini. Uno degli esempi pi significativi di questa impostazione di Rete stata la metodologia delle gare "aperte" di ICT, accessibili anche agli enti che lo desiderano cos da permettere risparmio economico e favorire (senza imporre) soluzioni omogenee sul territorio. Altro esempio la recente realizzazione di TIX2, un ambiente multifornitore che offre servizi a tutte le amministrazioni del territorio regionale.

Il tema dell'ICT appena toccato ci conduce ad un'ulteriore riflessione sul territorio produttivo della Toscana, terra dove l'idea dell'economista Giacomo Becattini sui distretti si fatta realt , generando e sostenendo produzioni di qualit , occupazione e formazione di competenze, soluzione a problemi nuovi come quelli legati all'impatto ambientale di alcune lavorazioni. Anche qui da noi la crisi ha picchiato duro, spingendo ai margini lavoratori adulti espulsi dal mondo del lavoro, giovani che non riescono ad entrarvi stabilmente, donne colpite dalla pratica delle "dimissioni in bianco", cittadini stranieri in crescente difficolt di inserimento nel tessuto sociale e produttivo della regione, anziani esposti al rischio povert da pensioni basse e crescente costo della vita. Il tema della coesione sociale l'ulteriore sfida del territorio. Ma questa, nel 2012, si declina da un lato nella capacit di ricostruire reti di protezione sociale e di cittadinanza attiva (vedi la normativa toscana sull'immigrazione o la gestione civile e umana del fenomeno profughi del nord Africa) e dall'altro nella ripresa dello sviluppo, della produzione e della formazione continua, nonch della valorizzazione delle risorse endogene del territorio. Abbiamo per questo utilizzato tutte le risorse economiche possibili derivanti anche dai Fondi Europei per sostenere la Cassa Integrazione per le aziende in crisi ma, appunto, legandola a percorsi obbligatori di formazione e aggiornamento professionale dei lavoratori, proprio per non perdere risorse del territorio e aiutare al rientro nel sistema produttivo.

Nella stessa direzione della valorizzazione delle risorse endogene del territorio abbiamo agito in due direzioni: la ridefinizione di nuovi distretti e l'investimento nei giovani.

Abbiamo individuato 5 nuovi distretti tecnologici, ossia cinque super-reti che uniscono sotto un unico "tetto" imprese, enti specializzati nella ricerca e istituzioni impegnate nella promozione delle eccellenze strategiche per l'economia toscana. I settori d'azione sono quelli dell'information & communication technology, delle scienze della vita, dei beni culturali, delle energie rinnovabili e delle tecnologie ferroviarie. Una leva fondamentale per gli obiettivi di lavoro e sviluppo, binomio fondamentale nel quadro delle politiche definite dalla programmazione regionale, che vedono al centro il rilancio del manifatturiero. Poli di innovazione per sostenere le eccellenze e raggiungere gli obiettivi di qualit e innovazione indispensabili a rendere il sistema produttivo toscano competitivo nella sfida su scala europea.

In questa stessa logica di innovazione che dal territorio in grado di affrontare le politiche di sviluppo di respiro europeo abbiamo concepito e avviato il progetto GiovaniS . In Toscana siamo convinti che i giovani non sono un problema, ma la soluzione per tornare a crescere ed uscire dalla crisi. Puntare sui giovani, metterli in condizione di prendere in mano le redini del proprio futuro, sostenerli nel loro processo di acquisizione di indipendenza economica, abitativa e lavorativa servir non solo per migliorare la qualit della vita delle nuove generazioni ma anche a farci uscire, tutti, dalla crisi che stiamo attraversando. Il progetto "Giovani Si" riunisce una serie di interventi per permettere alle nuove generazioni di conquistare la propria autonomia. Fino al 2013 dedicheremo a questo progetto oltre 334 milioni di euro. I risultati di questi primi mesi sono incoraggianti: abbiamo attivato oltre 1200 tirocini retribuiti; circa 2.000 giovani si sono rivolti ai nostri uffici per richiedere il contributo per l'affitto; 2.000 ragazzi e ragazze hanno iniziato il servizio civile. Poi stata la volta dell'iniziativa per sostenere la crescita di nuova imprenditoria giovanile, e abbiamo ricevuto centinaia di richieste. Abbiamo infine offerto ai giovani laureati l'opportunit di prestiti d'onore per percorsi di alta formazione e specializzazione in Italia e all'estero.

Dunque, il territorio inteso non come una tabula rasa, su cui possibile trapiantare senza crisi di rigetto qualsiasi cosa; bens un complesso diversificato, ricco di qualit , di valori, di possibilit che pu restituire benessere, sviluppo se impariamo a leggerlo, a interpretarlo e a prendercene cura. Ad esempio con una politica urbanistica equilibrata, che mette il territorio al centro di un intervento di riuso attento ai valori ambientali e paesaggistici, rompendo la catena dell'espansione edificatoria legata alla rendita e affiancando il recupero dell'esistente a una rivalutazione delle risorse rurali.

C' un dato evidente con cui dobbiamo misurarci: i cambiamenti climatici producono cambiamenti sulle basi materiali della nostra vita. Ormai siccit e alluvioni, allagamenti, frane e prolungata scarsit d'acqua convivono, e ci comporta effetti negativi sull'ambiente, sull'agricoltura e sul paesaggio.

Abbiamo sperimentato tutto questo proprio in questi anni con le alluvioni che ripetutamente hanno colpito la regione, dove al di l della eccezionalit delle precipitazioni, si dimostrato come la mancata manutenzione di aree boschive, corsi d'acqua e declivi collinari, cos come una intensa urbanizzazione in aree sottoposte al rischio idraulico abbiano reso incontenibile l'evento naturale eccezionale e prodotto lutti e danni enormi. Oggi in Toscana non si pu pi edificare in aree ad alto rischio idraulico. Nessuna Regione in Italia si era spinta a tanto, eppure non basta.

La grande, vera sfida quella di costruire risposte dal territorio ai grandi problemi globali, e facendo ci creare catene regionali di valore e lavoro che cambiano la qualit dello sviluppo. Penso ad esempio allo sviluppo di una cultura della manutenzione che pu costituire soprattutto in una regione come la nostra che detiene la maggiore vastit di superficie boscata d'Italia un ciclo economico e naturale chiuso, che produce occupazione e sviluppo compatibile con una impronta ecologica limitata e sostenibile. La coltivazione dei boschi pu produrre molteplici effetti positivi: la capacit del terreno si assorbire l'acqua piovana alimentando le falde ed evitando il veloce e devastante rovescio a valle che depaupera i terreni collinari e boschivi della propria ricchezza biologica e alimenta il rischio alluvione; la realizzazione di impianti di produzione energetica da biomasse alimentati da legname locale, una filiera corta e sostenibile; gli effetti sul mantenimento della biodiversit e di miglioramento della qualit dell'aria.

E' anche il caso dell'energia, nel quale i territori giocheranno sempre pi un ruolo decisivo. In tre direzioni:

1. la valorizzazione delle risorse energetiche locali (e in Toscana questo significa soprattutto geotermia e biomasse);

2. un programma di miglioramento dell'efficienza energetica di immobili pubblici e privati, delle industrie e dei trasporti. Qui il margine di miglioramento, economico e ambientale, enorme e di nuovo entra in gioco il tema della manutenzione, ad esempio del patrimonio edilizio con oltre 30-40 anni di vita, che pu dare nuova linfa al settore delle costruzioni senza dover consumare altro suolo.

3. Sviluppo della fonti energetiche rinnovabili. E su queste il nostro impegno per soluzioni che non riproducano forme di estesa impermeabilizzazione dei suoli o sottrazione degli stessi ad attivit agricole, ma per soluzione tecnologicamente innovative gi disponibili.

Il cambiamento climatico in corso richiederebbe un cambiamento di civilt . Questo dovrebbe comprendere idee guida per l'azione, sia come riferimento esistenziale (dallo stile di vita all'etica professionale), sia come definizione delle priorit della collettivit . Un progetto istituzionale, cio nuove norme e istituzioni che mantengano la dinamica dell'economia entro i limiti di rigenerazione della biosfera. E Infine una sfida tecnologica, cio la riorganizzazione dell'hardware sociale in tecnologie meno energivore e pi rispettose della natura. Perch , come aveva gi intuito Cesare Luporini nei primi anni '70, "la scienza e la produzione, che hanno inferto la ferita, possono guarirla ritrovando e stabilendo superiori equilibri e cicli vitali".

"Ma proseguiva altrettanto chiaro che per procedere cos in avanti al 'posto di comando' sta la politica". Per questo compito epocale, io credo, il neoliberismo non all'altezza: il principio della completa deregolazione delle attivit economiche, con la sua ossessione per l'efficienza economica che gli ha fatto perdere di vista gli altri obiettivi sociali come la giustizia e l'ecologia, si rivela impotente di fronte alle crisi globali della povert e dell'ambiente. Mentre le risposte alle contraddizioni globali, a partire da quella relativa ai cambiamenti climatici, le troviamo sul territorio, nel suo ritorno da soggetto protagonista nell'agenda della politica di oggi. Fuori da qui, in una politica avulsa dal territorio, distante dai luoghi dove la vita delle persone si svolge, attenta solo agli spread e agli indici della Borsa oppure dei sondaggi d'opinione, non v' salvezza.