20 gennaio 2015
20:39

Foto di famiglia

Per esempio la famiglia Huppert, una delle tante inghiottite nella voragine di Auschwitz.  Le loro fotografie sono appese in una delle pareti a conclusione del percorso della "Sauna", l'edificio nel quale gli ebrei che avevano scampato la selezione e le altre persone che si avviavano alla detenzione venivano spogliate, rasate, lavate con getti di acqua gelida, tatuate.  Questo, insomma, era il posto dove i nomi diventavano numeri.

Le fotografie della famiglia Huppert e le altre fotografie di tanti altri uomini, donne, bambini.  Immagini che si sono salvate dalla volontà nazista di distruggere sistematicamente qualsiasi testimonianza di una vita normale, di una vita che era come le altre. Non solo ai corpi si doveva appiccare il fuoco.

Almeno queste fotografie sono arrivate a noi. Della famiglia Huppert in realtà tutto quello che è rimasto. Niente se non queste fotografie. Di loro si sa solo quello che esse raccontano. Tutto qui.

Sono molti i ragazzi e le ragazze toscane che si fermano qui davanti, indugiano su questi ritratti di nonni e di neonati, su questi scatti che fermano un giorno di festa, un'occasione in cui i legami di una famiglia o di una comunità si sono rinnovati.

La vita e poi il nulla. Solo queste fotografie. Sì, sono diversi i ragazzi e le ragazze che si fermano e tacciono oppure bisbigliano solo qualche parola.

Sicuro che quelle parole sono come un pugno che stringe il loro cuore.  L'augurio che  Artur scrive sotto la foto del figlio, il piccolo Peter, nato nel 1938: "Possa egli vivere 120 anni".

Poco più in là le foto dei bambini orfani, i primi a essere spazzati via dalla macchina dello stermino. Anche quella didascalia fa male: "Questi bambini avrebbero potuto essere il nostro conforto".