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19 maggio 2020
12:55

Gestire gli open data sulla ricerca, la Toscana diventa un modello nazionale

Il progetto di Toscana Open Research all'attenzione di Agid, l'agenzia del Governo sull'agenda digitale 

Gestire gli open data sulla ricerca, la Toscana diventa un modello nazionale

La gestione dei dati sulla ricerca in formato aperto realizzata dalla Regione Toscana fa scuola. Già nel 2018 l’esperienza del portale Toscana Open Research, tenuto a battesimo l’anno precedente, era stata condivisa con Calabria, Sicilia, Basilicata e Puglia. La novità era quella allora di una piattaforma che incrociava dati messi a disposizione da soggetti diversi, con diversi formati e diverse classificazioni. Adesso il progetto diventa un modello anche informatico riconosciuto da Agid, ovvero l’agenzia tecnica della Presidenza del Consiglio che ha il compito di garantire gli obiettivi dell’agenda digitale: un esempio a suo modo di quello che potrebbe essere il web semantico.

La questione è presto spiegata. Proviamo infatti a considerare la rete come un grande archivio, dove poter trovare un’immensa quantità di documenti. I motori di ricerca ci aiutano a farci strada tra i suoi meandri, ma lavorano solo su parole chiave e non sempre riescono a stabilire una connessione, semantica appunto, tra il significato esatto della domanda che viene posta e i contenuti sparsi nel web. Perché questo avvenga in modo automatico serve quello che informatici e logici chiamano ‘ontologia’, ovvero una rappresentazione e formalizzazione dei concetti e delle relazioni che caratterizzano una certa area di conoscenza. Ed è quello che è stato sperimentato da Toscana Open Reasearch, integrando dati provenienti da fonti diverse e permettendo agli utenti di accedervi per mezzo di interrogazioni.

"Il risultato dell’iniziativa - spiega la vice presidente ed assessore alla ricerca della Toscana, Monica Barni - permetterà ad altre amministrazioni ed organizzazioni nazionali di avvalersi dell'esperienza maturata da Regione Toscana per favorire una maggior condivisione e interoperabilità di dati sul sistema dell’alta formazione e della ricerca”. “In un momento cruciale, in cui la condivisione e la trasparenza sul finanziamento alla ricerca, sui risultati e sulle competenze giocano un ruolo strategico per il paese – aggiunge - , la Regione Toscana ha aperto un cammino che speriamo veda la partecipazione di altre Regioni, Ministeri, Università ed enti di ricerca".

Da tempo del resto la Toscana ha investito sugli open data, da quando nel 2014, su iniziativa dell'assessore Bugli, è stato tenuto a battesimo il portale Open Toscana, che raccoglie oggi oltre 4000 set di dati aperti della pubblica amministrazione toscana e non solo della Regione.  ​

Toscana Open Research è nato invece tre anni fa come supporto alle politiche regionali all'interno dell'Osservatorio toscano della ricerca e dell'innovazione istituito presso la Conferenza regionale per la ricerca e l’innovazione e si avvale di Irpet, che è l'istituto di programmazione economica della Regione, in collaborazione con Fondazione Sistema Toscana e con il supporto come partner tecnico internazionale di SIRIS Academic Sl di Barcellona. L'obiettivo era quello di integrare, rendere esplorabili e utilizzare i dati eterogenei sul sistema della ricerca, monitorare i risultati degli interventi effettuati e sviluppare a quel punto nuove politiche ancora più efficaci. Si è deciso di farlo con gli open data.

Attraverso Toscana Open Research è possibile infatti accedere a cinque diverse sezioni rivolte a docenti e ricercatori, studenti, cittadini, stakeholder istituzionali e imprese. Quel che ne esce fuori, in numeri, è il racconto del variegato mondo della ricerca in Toscana: un cruscotto utile per orientare le scelte di chi governa e massimizzare strumenti e risorse a disposizione, pescando tra i dati sugli insegnanti degli atenei o gli immatricolati e i laureati dei percorsi triennali, nell’indice di specializzazione della ricerca o tra i numeri dei fondi europei stanziati per i progetti innovativi nell'ambito dei bandi Fp7 e H2020, fino alle collaborazioni attivate tra università e imprese e le risorse regionali stanziate per l'innovazione.