Editoria
4 aprile 2024
11:15

L’alternativa impossibile: l’idea socialdemocratica di Antonio Cariglia

L’alternativa impossibile: l’idea socialdemocratica di Antonio Cariglia

La storiografia descrive spesso nobili progetti politici che si sviluppano e cercano spazio in un tempo che ne ha già preparato il fallimento.

Lungimirante nelle analisi, moderna nelle ambizioni, attenta nell’individuare i limiti delle democrazie occidentali e le possibili soluzioni l’idea socialdemocratica, compromessa in Italia dalle vicende dello scandalo Lockheed prima e dalle rivelazioni sulla lista P2 e sulle “carceri d’oro”, anticipa, con la scomparsa dalle scene politiche dei suoi maggiori esponenti, Mario Tanassi, Pietro Longo e Franco Nicolazzi, la fine della “democrazia dei partiti”, liquidata poi definitivamente dalle inchieste di Tangentopoli.

Si parlò di fine della “Prima Repubblica”, ed oggi è già materia storica meritevole di più ampie riflessioni.

La storia e l'epilogo del partito socialdemocratico italiano, nelle sue complesse vicende focalizzate nella figura di Antonio Cariglia, è la necessaria premessa al volume di Simone Visciola L’alternativa impossibile edito da Marsilio, presentato a Firenze a Palazzo Strozzi Sacrati dal su iniziativa del presidente della Regione Giani da Giancarlo Magni, presidente della Fondazione Turati assieme all’esponente ed amministratore socialista Carlo Nicolai ed allo storico Zeffiro Ciuffoletti.

Il libro è una delle iniziative che ricordano oggi il centenario della nascita di Antonio Cariglia, esponente di primo piano del socialismo democratico italiano prima nella sua attività di sindacalista, poi di segretario del partito, deputato, senatore e parlamentare europeo, legato da un profondo sodalizio a Giuseppe Saragat e con lui promotore di quell’idea genuinamente riformista ed europeista che ha sempre distinto la cifra del suo impegno politico.

Il libro di Visciola non è ispirato dal “come sarebbero andate le cose se” o un elenco di nobili propositi mancati nel loro esito, ma la cronaca puntuale, che parte dagli anni sessanta fino ai primi anni novanta del secolo scorso, di un progetto coerente di “Casa comune” nella quale avrebbero dovuto trovar spazio tutte le forze politiche socialiste, democratiche e intenzionate a trovare una alternativa possibile ed autonoma ad un sistema ingessato nella contrapposizione fra Democrazia cristiana e Partito comunista.

Le pagine del volume, anche se riferite ad un quadro politico remoto nel tempo, restituiscono con efficacia tutta la chiarezza dell’analisi di Antonio Cariglia che individua nei suoi scritti gli snodi fondamentali della situazione italiana ed i limiti di un “compromesso storico” fra partiti sostanzialmente diversi nei valori fondativi, in un momento dove “il paese è a una svolta decisiva che stabilirà la sua posizione rispetto all’Europa” e denunciando “..l’azione denigratoria verso i poteri pubblici che ha indebolito gli organismi posti a presidio della libertà e dei diritti dei cittadini”.

Parole pensate da Cariglia a metà degli anni settanta in un momento drammatico per l’Italia, stretta fra crisi economica, terrorismo brigatista e stragismo neofascista, che prospettano una soluzione ai problemi del Paese da costruire in una alleanza fra le forze progressiste e socialiste basata su un progetto di modernizzazione del sistema produttivo e istituzionale ed ispirata ai valori del dovere civico e al coraggio di “guardare con minor timore al futuro”.

“L’impossibilità di una reale alternativa progressista in Italia che motiva il titolo del libro – afferma Zeffiro Ciuffoletti – era dovuta alla presenza di un forte partito comunista che impediva lo sviluppo di soluzioni ispirate alla socialdemocrazia, simili a quelle presenti nel resto d’Europa. La mancanza di una genuina dialettica liberale nella scelta di un reale ricambio della classe dirigente è la causa principale dei fenomeni degenerativi e di decadenza del sistema politico ed ha di fatto indirizzato la prima Repubblica in un percorso consociativo nella spartizione del potere che allora penalizzava i partiti di governo e avrebbe portato poi a tangentopoli. Lo scandalo Lockheed e la vicenda delle liste degli affiliati alla P2, nelle quali il partito socialdemocratico fu pesantemente coinvolto, ne sono stati l’antefatto e nello stesso tempo la dimostrazione che la “questione morale” poteva essere utilmente usata per correggere le storture degli assetti politici italiani nello scadimento della qualità della rappresentanza politica e l’occasione per avviare nella sinistra un percorso unitario di alternanza riformista prima dell’avvento della stagione di Mani Pulite e della fine della democrazia fondata sulla necessaria mediazione dei partiti.”

Antonio Cariglia non uscì indenne dagli anni di tangentopoli e i pesanti addebiti posti a suo carico nel 1992 da tre diverse Procure riguardarono i reati di concussione, ricettazione e finanziamento illecito. Fu assolto con formula piena da ogni accusa dodici anni dopo.

“Il Corriere della Sera - ricorda ancora Ciuffoletti – riportò la notizia del suo proscioglimento a pagina diciassette. Una ventina di righe.

Verranno anni altrettanto difficili, sotto aspetti diversi, ed il nodo di un pensiero socialista e progressista in grado di farsi alternativa politica concreta, credibile e rappresentativa resta irrisolto.