19 gennaio 2017
12:24

Libri

La memoria viaggia col racconto. E salvare i libri un modo per salvare la memoria (e la cultura). Ce lo insegna, non a caso, un romanzo: "La bambina che salvava libri" di Markus Zusak, storia di una bambina che i libri li 'rubava' ma che più che rubarli li salvava. Dai roghi di un regime, nazista, che aveva deciso quello che si poteva leggere e quello che non si poteva leggere.     

Fu a nove anni che Liesel iniziò la sua brillante carriera di ladra. Certo, aveva fame e rubava mele, ma quello a cui teneva veramente erano i libri. Il primo fu quello caduto nella neve accanto alla tomba dove era stato appena seppellito il suo fratellino. Stavano andando a Molching, vicino a Monaco, dove li aspettavano i loro genitori adottivi. Il secondo, invece, lo sottrasse al fuoco di uno dei tanti roghi accesi dai nazisti. A loro piaceva bruciare tutto: case, negozi, sinagoghe, persone...

Piano piano, con il tempo ne raccolse una quindicina, e quando affidò la propria storia alla carta si domandò quando esattamente la parola scritta avesse incominciato a significare non solamente qualcosa, ma tutto. Accadde forse quando vide per la prima volta la libreria della moglie del sindaco, un'intera stanza ricolma di volumi? Quando arrivò nella sua via Max Vandenburg, ex pugile ma ancora lottatore, portandosi dietro il "Mein Kampf" e infinite sofferenze? Quando inizi a leggere per gli altri nei rifugi antiaerei? Quando s'infilò in una colonna di ebrei in marcia verso Dachau? Ma forse queste erano domande oziose, e ciò che realmente importava era la catena di pagine che univa tante persone etichettate come ebree, sovversive o ariane, e invece erano solo poveri esseri legati da spettri, silenzi e segreti.