24 gennaio 2017
16:51

Memoria 'di famiglia', la prima volta delle figlie di Andra e Tatiana a Birkenau

OSWIECIM - Ci sono cose che ad un certo momento vanno fatte: per se stessi ma soprattutto per gli altri, anche se dolorose. E così, come qualche anno fa Andra e Tatiana Bucci, le bambine sopravvissute a Birkenau, decisero di visitare il museo di Auschwitz (e non lo avevano mai fatto prima ma lo vollero fare, per i ragazzi) stavolta hanno deciso di salire sul treno toscano della memoria con le figlie e il nipote. Tre generazioni insieme, unite nella memoria, nel ricordo del dolore certo ma anche nella responsabilità della testimonianza. E quell'abbraccio e quel pianto davanti alle baracche a Birkenau (non solo uno) dice gi tutto.

Non è stata una decisione banale. Si sa quanto doloroso sia ricordare e come, in famiglia, chi è sopravvissuto al lager spesso non abbia parlato per anni di quanto avevano patito. E' successo anche alle sorelle Bucci. E' successo alla cugina Kitty Braun, che alla fine per liberare quelle parole strette nel petto ha deciso di scriverle su un quaderno.

"Essere qui è doloroso ma era giusto farlo" dicono convinti, loro che vivono dall'altra parte del mondo, a Sacramento in California. Qualche anno fa un altro nipote aveva fatto quel viaggio con le zie. Lunedì sono partiti in cinque, comprese due amiche di famiglia.

E' Sonia Pezzone, la figlia di Andra, che prova per prima a spiegare il perché di questa decisione. "Era la prima volta e abbiamo pensato che era ora, che era il momento giusto e che dovevamo farlo: per chiudere ed aprire un capitolo, per vedere quello che ha sofferto mia mamma, perché non so per quanto potrà ancora riuscire a fare questi viaggi e ne potrà parlare". Poi la voce si rompe nel pianto. "Ci è sembrato giusto farlo con lei", solo questo riesce ad aggiungere.

"E' difficilissimo essere qui" confessa Tatiana Pezzone, con quel nome che è lo stesso della zia, un segno del legame fortissimo tra le due sorelle, sempre legate fin da bambine. Prima e dopo il lager.

"Venire - dice è stata una decisione difficile. Qui è finita la mia famiglia. Questo è il posto dove sono finiti tutti. Loro sono sopravvissute e non so come, due bimbe di quattro e sei anni". Cerca le parole per descrivere Birkenau e le emozioni che le suscita dentro. E alla fine le trova.  Angoscia" ripete più volte. - "non riesco a descriverlo ma questo posto mi dà angoscia". Ma il dovere di farlo e di venire era più forte.

Come per Kjoshua Edward, ventidue anni, riccioli scuri e gli occhi rossi di emozione, il 'capellone' come lo chiama simpaticamente Andra. Nel freddo di Birkenau spesso abbraccia la mamma e la nonna durante la visita al campo: lui che ad ogni amico californiano, ancor prima di venire qui, ha sempre raccontato la storia di Andra, di Tatiana e della sua famiglia. E continuerà a farlo, dice, perché ora, più di prima, "ha potuto toccare con mano e vedere quella verità", la verità della sua famiglia e di chi, senza colpa, è stato deportato in un lager.