16 gennaio 2015
20:00

Quel lungo viaggio in treno

Si fa presto a dire "arrivare ad Auschwitz", in un mondo in cui il viaggiare sempre meno 'lento', i treni sfrecciano a trecento all'ora e prendere un aereo, manna dei low cost, quasi come prendere un bus.

Nel 1943 i convogli che portavano ebrei e deportati politici nei campi di sterminio impiegavano mediamente cinque giorni per arrivare da Firenze ad Auschwitz.  In un anno e mezzo partirono almeno quarantaquattro convogli dall'Italia. Ma più che treni erano carri bestiame.  Il primo partì il 16 settembre da Merano, ma ben più affollato fu quello che prese le mosse da Roma il 18 ottobre 1943. C'erano, stipati come animali, almeno 1035 uomini, donne e bambini. Dopo la selezione iniziale fecero il loro ingresso nel campo solo 149 uomini e 47 donne. Tutti gli altri furono subito passati alle camere a gas e dal campo, alla fine, uscirono solo in sedici.

Il 9 novembre 1943 un altro convoglio, con 400 persone, partì da Firenze e Bologna: entrarono nel campo 13 uomini e 94 donne, ma nessuno vi uscì vivo. E fino al 1944 furono altri quattordici i convogli partiti, solo per citare quelli destinati a portare ebrei italiani nei lager dell'Europa centrale.

Primo Levi, l'autore di "Se questo è un uomo" sopravvissuto ad Auschwitz, impiegò quattro giorni quell'anno per arrivare dal campo di transito a Fossoli, in provincia di Modena, al lager polacco. Con Primo Levi partirono in almeno 650 su quello stesso treno, molti bambini. Era una fredda mattina di fine febbraio un mese dopo, il 29 marzo 1944, il treno con le sorelline Andra e Tatiana Bucci - ed era già calata la notte quando il convoglio arrivò in Polonia. Dei 650 che erano a bordo con Primo Levi, solo 97 uomini e 29 donne entrarono nel campo: gli altri morirono nelle camere a gas. E appena quindici uomini e 8 donne uscirono vivi dal lager, quando i soldati dell'Armata Rossa abbatterono il 27 gennaio 1945 i cancelli di un campo oramai vuoto e quasi deserto.