18 gennaio 2017
17:12

Sei donne nell'inferno di Birkenau

LIANA MILLU Il fumo di Birkenau GIUNTINA
Nessuno, nel mondo e fuori del mondo, aveva compassione. Noi eravamo sole e abbandonate; nessuno e niente poteva venire in nostro conforto, nemmeno il pensiero di coloro che amavamo e che un giorno, dopo averci piante, sarebbero tornati a sorridere.
Primo Levi le considerava una delle più intense testimonianze europee sul lager femminile di Birkenau e certamente la più toccante tra le testimonianze italiane.  L'autrice, giornalista, antifascista e partigiana, pisana di nascita ma dal 1940 vissuta a Genova, scomparsa novantenne nel 2005, aveva trent'anni quando finita nell'inferno di Birkenau e da quell'abisso riuscita a risalire.
Il suo libro, tra i primissimi memoriali di deportati ebrei, uscito nel 1947 (lo stessso anno di "Se questo è un uomo") raccoglie sei racconti per non perdere la memoria, per quanto possibile, della condizione femminile nei campi nazisti. Sei ferite che non si rimarginano su esistenze minimali e disperati. E su destini ancora più strazianti rispetto agli uomini, per sofferenze, umiliazioni, fatiche, distacchi dagli affetti.
Eppure, nonostante l'orrore di Birkenau, nonostante il fumo e la cenere dei corpi, anzi rari e preziosi  momenti in cui i sogni e le speranze non scompaiono del tutto.